Replying to Parafrasi A Silvia - A Silvia Leopardi Parafrasi | Parafrasi Giacomo Leopardi A Silvia

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  1. Posted 1/3/2011, 23:03

    Parafrasi A Silvia - A Silvia Leopardi Parafrasi | Parafrasi Giacomo Leopardi A Silvia



    A Silvia è una poesia composta da Giacomo Leopardi, tra il 19 e il 20 aprile del 1828, subito dopo Il Risorgimento.
    Quando scrisse la poesia, Leopardi si trovava a Pisa, dopo un lungo silenzio poetico durante il quale si era dedicato a numerose opere in prosa. Riprese dunque a poetare ispirandosi a Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi a Recanati.

    Testo A Silvia
    Silvia, rimembri ancora
    Quel tempo della tua vita mortale,
    Quando beltà splendea
    Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
    5E tu, lieta e pensosa, il limitare
    Di gioventù salivi?

    Sonavan le quiete
    Stanze, e le vie dintorno,
    Al tuo perpetuo canto,
    10Allor che all’opre femminili intenta
    Sedevi, assai contenta
    Di quel vago avvenir che in mente avevi.
    Era il maggio odoroso: e tu solevi
    Così menare il giorno.

    15Io gli studi leggiadri
    Talor lasciando e le sudate carte,
    Ove il tempo mio primo
    E di me si spendea la miglior parte,
    D’in su i veroni del paterno ostello
    20Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
    Ed alla man veloce
    Che percorrea la faticosa tela.
    Mirava il ciel sereno,
    Le vie dorate e gli orti,
    25E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
    Lingua mortal non dice
    Quel ch’io sentiva in seno.

    Che pensieri soavi,
    Che speranze, che cori, o Silvia mia!
    30Quale allor ci apparia
    La vita umana e il fato!
    Quando sovviemmi di cotanta speme,
    Un affetto mi preme
    Acerbo e sconsolato,
    35E tornami a doler di mia sventura.
    O natura, o natura,
    Perché non rendi poi
    Quel che prometti allor? perché di tanto
    Inganni i figli tuoi?

    40Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
    Da chiuso morbo combattuta e vinta,
    Perivi, o tenerella. E non vedevi
    Il fior degli anni tuoi;
    Non ti molceva il core
    45La dolce lode or delle negre chiome,
    Or degli sguardi innamorati e schivi;
    Né teco le compagne ai dì festivi
    Ragionavan d’amore.

    Anche peria fra poco
    50La speranza mia dolce: agli anni miei
    Anche negaro i fati
    La giovanezza. Ahi come,
    Come passata sei,
    Cara compagna dell’età mia nova,
    55Mia lacrimata speme!
    Questo è quel mondo? questi
    I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
    Onde cotanto ragionammo insieme?
    Questa la sorte dell’umane genti?
    60All’apparir del vero
    Tu, misera, cadesti: e con la mano
    La fredda morte ed una tomba ignuda
    Mostravi di lontano.


    ParafrasiSilvia, ricordi ancora quando eri in vita
    Quando la tua bellezza splendeva, nei tuoi occhi ridenti e schivi,
    e tu lieta e pensierosa ti apprestavi al passaggio dall'adolescenza alla maturità.
    Suonavano le stanze tranquille e le strade al tuo continuo canto,
    quando tu eri intenta ai lavori femminili, sedevi contenta per il tuo avvenire ancora da definire.
    Era Maggio e tu eri abituata a lavorare.
    Talvolta lasciavo gli studi piacevoli e quelli faticosi su cui trascorrevo la mia adolescenza e veniva spesa la migliore parte di me.
    Dalle stanze e dai balconi della casa paterna io ascoltavo la tua voce. E ti immaginavo lavorare con fatica alla tela.
    Guardavo il cielo sereno, le vie illuminate, e la campagna intorno,
    Da questa parte il mare e dall'altra parte le colline.
    Non ci sono parole giuste per esprimere i sentimenti che provavo nel mio cuore.
    Che bei pensieri,
    che speranze, che cuori, o Silvia mia!
    Come ci sembrava allora la vita umana e il destino!
    Quando mi ricordo di tanta speranza
    Un sentimento molto forte mi opprime e torno a dolermi della mia sfortuna.
    O natura, o natura, perché non mantieni le tue promesse? Perché ci inganni?
    Prima che giungesse l'inverno, venivi uccisa da un dolore forte e morivi o tenera, e non vedevi la tua adolescenza.
    Non ti struggeva il cuore, le lodi dei ragazzi per i tuoi capelli neri ora dei tuoi sguardi innamorati e schivi.
    E con te le tue amiche non parleranno d'amore durante i giorni di festa.
    Anche la mia speranza morì poco tempo dopo: anche a me il destino ha negato la giovinezza. Ahi come sei passata cara compagna della mia infanzia, mia compianta speranza!
    Questo è quel mondo? Sono questi i divertimenti, l'amore, le opere, gli eventi di cui abbiamo tanto discusso insieme?
    E' questa la sorte degli esseri umani? All'apparire della verità tu moristi: e con la mano indicavi da lontano la fredda morte ed una tomba spoglia.


    image



    COMMENTO
    Questi versi sono dedicati a Silvia, fanciulla in cui si può riconoscere Teresa Fattorini, vicina di casa dei Leopardi, morta giovanissima di tubercolosi. Questo poema, che si potrebbe scambiare per una dichiarazione d'amore, è in realtà un'amara riflessione sulla vita e sulla giovinezza. Il poeta spiega come all'illusione e alla speranza degli anni giovanili si sostituiscano, nell'età adulta, il disincanto e l'amarezza per le sofferenze che la vita impone. Per meglio definire il distacco tra l'adolescenza e l'età adulta, Leopardi divide il poema in due parti: nella prima descrive la spensieratezza della gioventù (Silvia canta, ricama, è "lieta"); nella seconda alla descrizione si sostituisce la riflessione sulla morte di Silvia, e, più in generale, sulla distruzione della speranza e sulla disillusione dell'uomo adulto.

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