Posts written by Shining Star

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    Un Contadino Fortunato, Traduzione della Versione di greco




    contadino_fortunato




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    Titolo della Versione Un Contadino Fortunato
    Autore:
    Libro: Greco Esercizi 1 pag 132 n. 36
    Input: Γεοργος ταπεινος ποτε εν τῳ



    Versione il contadino fortunato
    Γεοργος ταπεινος ποτε εν τῳ [...] .εστι τους ευεργετας επιγιγνωσκειν


    Traduzione profilo di un eroico tebano
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    Siti Utili: studentville latin.it versioni studenti.it skuolasprint scuolasprint
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    La Sicilia, Traduzione della Versione Profilo di un eroico tebano




    eroico_tebano




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    Titolo della Versione Profilo di un eroico tebano
    Autore:
    Input: Epaminondas, dux Thebanus, maximum amorem reipublicae et suorum civium adsidue ostendit



    Versione profilo di un eroico tebano
    Epaminondas, dux Thebanus, maximum amorem reipublicae et suorum civium adsidue ostendit.Praeterea intergerrimus vir fuit,sicut ex hoc exemplo clare patet.Cum Artaxerxes, Persarum rex, quendam Diomedontem cum magna pecuniae summa ad Epaminondam misit, ut eum corrumperet, dux hominem fastidiose reiecit atque dixit totum Persarum aurum ducem Thebanum minime corrupturum esse. Belli peritissimus,strenue pugnavit apurd Leuctra et Mantineam,atque in hoc proelio graviter sauciatus est. In extrema vitae parte, cum cives ei nuntiaverunt thebanos iam victores esse, ferrum quod infixum erat in corpore extraxit et animam efflavit talia verba dicens "Quia invictus decedo, satis vixi".


    Traduzione profilo di un eroico tebano
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    Tema sull' amore cortese Tema Svolto L'amore cortese



    amore_cortese




    Tema Svolto l'amore cortese | Tema sull'amore cortese - L'amore cortese Dante Cavalcanti - Tema Svolto: l'amore cortese nel medioevo e alle corti - Amore cortese confronto con amore moderno - Saggio sull'amore cortese e i poemi epici cavallereschi - Articolo di giornale amore cortese - lirica cortese - dolce stil novo Guinizzelli Laura Beatrice




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    Ecco vari Temi sull'amore cortese. Se ti siamo stati d'aiuto diventa Fan della Nostra pagina e condividici su Facebook. E' un piccolo gesto che ci sarà di grande aiuto.




    Qui ci sono vari temi con i quali poter elaborare un tema o una relazione sull'amore cortese

    Temi sull'amore cortese





    Tema sull'amore cortese

    maricapuff90 studentville
    Il topos principale della letteratura del XII secolo è l’amore cortese.
    La poesia trobodorica, con la lirica provenzale aspira all’esperienza amorosa, rigorosamente adulterina e non corrisposta. L’amore infatti infonde di più quando non si arriva mai al possesso totale. La coscienza del fallimento amoroso, del dominio assoluto sulla persona del poeta non spegne tutta la volontà dell’autore di perseguitare caparbiamente le proprie finalità.
    Il concetto di cortesia esprime una nuova visione del mondo che investe i rapporti sociali, il comportamento e il modo di intendere il sentimento amoroso.
    La novità principale di questo modo di intendere i rapporti sociali risiede nell’etica dell’amor cortese. Il feudalismo si basava, come si sa, su una rigia divisione tra le classi: gli uomini e le donne del popolo, i contdini e le pastorelle non potevano ambire alla conquista amorosa di un cavaliere o di un re, poiché ognuno doveva restare, anche in amore, entro i confini imposti dal proprio rango. A partire però dall’esperienza della poesia considerata si ha una trasformazione dell’immaginario amoroso.
    Infatti con il De amore (un breve saggio su come bisogna comportasi in amore) ,Andrea Cappellano sostiene che tra un uomo di umili condizioni e l’amata di nobili natali sia lecito che nasca l’amore e che essi lo vivano a dispetto delle barriere sociali e morali. A questa conclusione Andrea Cappellano giunge osservando che il vero sentimento amoroso può albergare solamente nelle persone oneste e nobili di costumi con l’esclusione di malvagi e delinquenti. Ne segue che le virtù non sono determinate dalla categoria sociale a cui si appartiene: un nobile di sangue può anche essere malvagio e corrotto, così come un plebeo , al contrario, può dimostrarsi un uomo moralmente “mobile”.
    Un aspetto quindi importante dell’amore cortese è la centralità della figura femminile, che diventa l’oggetto di amore da parte dell’amante. La donna è al centro dei desideri dei poeti che la ritraggono bellissima e irraggiungibile.
    L'atteggiamento medievale nei confronti delle donne risentiva molto degli insegnamenti della chiesa, che considerava la donna responsabile della caduta dell'uomo nel peccato e della sua cacciata dal Paradiso. La donna era una tentatrice, uno strumento del Diavolo, un male necessario. Il matrimonio era spesso visto come una condizione degradata. Il diritto canonico consentiva di picchiare la moglie e di ripudiarla, contribuendo così a umiliare e a soggiogare le donne. Sotto quasi ogni aspetto la donna era considerata inferiore all'uomo. Ma con l'arrivo dei trovatori, la mentalità degli uomini cominciò a cambiare.
    Il primo trovatore di cui si abbia notizia fu Guglielmo IX, duca d' Aquitania. La sua produzione poetica fu la prima a contenere gli elementi che caratterizzarono l'originale concetto trobadorico dell'amore, che venne poi chiamato "amor cortese". I poeti provenzali stessi lo chiamavano verai'amor (amore vero) o fin'amor (amore sublime). Era un concetto rivoluzionario, in quanto ora la donna non era più relegata in una posizione di abietta inferiorità rispetto all'uomo.
    La poesia trobadorica conferiva alla donna grande dignità, onore e rispetto. Essa diventava l'incarnazione di qualità nobili e virtuose. Alcune canzoni lamentavano la fredda indifferenza della dama nei confronti del poeta-ammiratore. Almeno in teoria, l'amore del trovatore doveva rimanere casto. Il suo obiettivo principale non era possedere la dama, bensì il raffinamento morale che l'amore per lei gli ispirava. Per rendersi degno, l'aspirante poeta doveva coltivare umiltà, padronanza, pazienza, lealtà e tutte le nobili qualità che la dama possedeva. In questo modo l'amore poteva trasformare anche l'uomo più rozzo.
    I trovatori credevano che l'amore cortese fosse la fonte del raffinamento sociale e morale, che gli atti cortesi e le nobili gesta nascessero dall'amore. Quest'idea venne elaborata e diventò il fondamento di un intero codice di condotta che, con il tempo, fu assorbito anche dalla gente comune. In contrasto con la società feudale, rozza e brutale, era iniziato un nuovo modo di vivere. Ora le donne si aspettavano che i loro uomini fossero altruisti, premurosi e gentili: in una parola, gentiluomini.
    Anche nella poesia della scuola siciliana il rapporto amoroso, presentato da un punto di vista "feudale", in cui la dama è il signore e l'amante il vassallo, è focalizzato sulla donna, colei da cui non è possibile stare divisi; anche se gli effetti dell'amore riguardano l'amante, sul quale è studiata la fenomenologia dell'amore. L'amore è fortemente concettualizzato e le sue manifestazioni sono stereotipe e convenzionali: la donna resta, per convenzione, irraggiungibile.
    L’uomo infatti contempla la donna, affascinato dalla sua bellezza, dal portamento e dallo sguardo, arrivando addirittura alla devozione totale e a perdere il suo stesso onore.


    Tema amore cortese e amore ai nostri giorni: com'è cambiato?

    Com'è l'amore adesso rispetto all'antico amore feudale?
    la didi answers.yahoo.com
    L'amore si è trasformato...come la musica.Il rock degli anni '60-'70'-'80 fa ribrezzo(!),invece quella di questi anni fa schifo:è composta da rumori non da suoni.L'amore adolescenziale non esiste più o forse nasce tra i 16-17 anni ma per il resto è scomparso.C'è tradimento come indifferenza,non si ama più(ovvero maggior parte della gente non è più capace ad amare veramente una persona),questo sentimento non lo prendono seriamente..solo perchè esiste lo tengono ma poi non sanno di cosa farsene,lo buttano via e ne aprono uno nuova,una pagina nuova,una "storia" nuova...con perfetta indifferenza nei confronti del prossimo,dell'altra persona.Menefreghismo.Alcuna persone(come me)ci stanno male,soffrono,piangono e cercano di recuperarlo non accorgendosi che lui/lei non gliene frega niente,ma proprio niente.Sono le classiche persone...ma la ruota gira per tutti e più in la,quando saranno più maturi capiranno il grosso errore che hanno compiuto,la più grande carognata umana di aver scaricato una persona...
    L'amore...bellissimo sentimento....che,ha volte,si trasforma....il qualcosa di doloroso....


    Tema sul confronto tra l'amore di ieri e quello di oggi

    Aurelio G
    Ci sono svariati punti di vista dai quali partire per affrontare un tema simile.
    L' amor cortese era una caratteristica che è divenuta, col tempo e per mezzo di alcune figure fondamentali appartenenti per lo piu ad alcune delle più ricche corti francesi ed italiane dell' epoca, un vero e proprio tema letterario utile alla conquista della'more della donna desiderata nonchè codice genrale di comportamento nelle corti.
    L' amor cortese si basava su alcuni topoi fissi: come la gentilezza dell'uomo che era impegnato a scrivere poesie ed odi all'amata, gli occhi che erano lo pecchio dell'anima (e indicavano gli stati d'animo), le mani che erano considerate l'appendice del corpo dedicata al contatto. In senso generale quindi l'amor cortese si sviluppava attraverso gli scritti e manifestaioni d'affetto platoniche e ufficiali. Al giorno d'oggi non è ovviamente cambiato il sentimento e tanto meno il modo in cui questo sentimento viene appagato. Quanto più i canali espressivi di questo sentimento e i metodi di conquista (quelli che nell'amor cortese erano decodificati e che ho indicato come topoi). Questi cambiamenti che sono evidenti e ovvi (immagina cosa fai quando ti piace qualcuno per conquistarlo....) sono avvenuti per condizione sociale (oggi la donna può conquistare...) e per avanzamenti e cambiamenti di stile di vita (internet, telefono, viaggi facili, regali....)

    Unendo e sovrapponendo queti due mondi diamentralmente oppoti (la contemporaneità che conosci e l'amor cortese che ti ho spiegato) otterrai un ottimo tema.


    Ricerca sull'amore cortese

    wikipedia
    L'amor cortese è un termine creato dal critico francese Gaston Paris nel 1883 per indicare la concezione filosofica, letteraria e sentimentale del concetto dell'amore, all'epoca del trobar dei poeti nelle corti provenzali, e si basa sul concetto che solo chi ama possiede un cuore nobile.
    Il concetto di amor cortese appare per la prima volta nel corso del XII secolo nella poesia dei lirici provenzali che scrivono in lingua d'oc, tuttavia avrà fortuna anche nella letteratura del nord della Francia e sopravviverà nel tempo tramite il "dolce stil novo" dantesco.
    L'amor cortese del trobador è un sentimento capace di nobilitare e affinare l'uomo.
    Nasce come un'esperienza ambivalente fondata sulla compresenza di desiderio erotico e tensione spirituale. Tale "ambivalenza" è detta mezura, cioè la "misura", la giusta distanza tra sofferenza e piacere, tra angoscia ed esaltazione.
    Per questa ragione, anche, esso non può realizzarsi dentro il matrimonio, e l'amor cortese è quindi adultero per definizione. Esso è desiderio fisico. Si instaura fra la dama e l'amante un rapporto d'amore esclusivo, così come il poeta deve rivolgersi ad una sola dama, essa deve accettare al suo servizio non più di un amante. Nel caso in cui una delle due parti trasgredisse, allora il rapporto può cessare.
    Per l'amante il marito non è assolutamente un pericolo, mentre per questi un pericolo si rivela quella cerchia di uomini che si trovano nella sua stessa posizione di "amante cortese", poiché essi tenteranno in ogni modo di infangarlo.
    Gli elementi caratterizzanti l'amor cortese sono:
    Il culto della donna, vista dall'amante come un essere sublime, irraggiungibile.
    L'inferiorità dell'uomo rispetto alla donna amata, l'amante si sottomette completamente e obbedisce alle volontà della donna. Tale rapporto fra i due sessi è definito "servizio d'amore". L'amante presenta il suo omaggio alla donna e resta in umile adorazione di fronte a lei.
    L'amore inappagato,cioè l'amante non chiede nulla in cambio dei suoi servigi. Non si tratta però di amore spirituale, platonico, anzi si presenta con note sensuali.
    La gioia, o meglio una forma di ebbrezza ed esaltazione, di pienezza vitale, formata dall'amore impossibile, che però genera insieme anche sofferenza, tormento.
    L'amore adultero, che si svolge al di fuori del vincolo coniugale: addirittura, si teorizza che nel matrimonio non possa esistere veramente "amor fino". Il matrimonio, infatti, spesso era un contratto stipulato per ragioni dinastiche o economiche. Il carattere adultero dell'amore esige il segreto, che tuteli l'onore della donna: per questo il suo nome non viene mai pronunciato dai poeti.
    Il conflitto tra amore e religione, scaturito dal culto per la donna divinizzata con il culto per Dio; inoltre la Chiesa condanna notoriamente il peccato dell'adulterio.
    continua


    Saggio sull'amore cortese

    parodos.it
    AMORE CORTESE

    Nelle raffinate corti francesi dell'XI e del XII secolo nasce la nuova concezione dell'amore (amore cortese o "fin'amor" come si diceva in provenzale), che fu la base della lirica, e più in generale della letteratura romanza fino alla fine del Duecento.

    Per comprendere lo sviluppo di questa nuova teoria occorre risalire indietro nel tempo. Il Medioevo aveva ereditato dall'antichità classica la concezione erotica di Ovidio, il "maestro dell'amore sensuale" (lascivi praeceptor amoris), le cui opere ebbero una straordinaria circolazione. Questa concezione ludica e spregiudicata entrò in crisi con la rivoluzione cristiana, che mutò radicalmente i parametri dell'amore, quando i padri della chiesa elaborarono una complessa precettistica che mirava sia a condannare la libertà nei rapporti erotici sia a disciplinare l'amore coniugale. Su questa linea della condanna di ogni passionalità si muovono scrittori ed educatori di parte ecclesiastica (ad esempio Pietro Lombardo e Ugo di San Vittore) fino al XII secolo, cioè nel pieno della cosiddetta civiltà cortese, legata alle corti della Provenza e della Francia settentrionale.

    Su una nuova idea della vita, fondata sugli ideali di liberalità, magnanimità, raffinatezza, venne a innestarsi una nuova concezione dell'amore, assai più nobile e intensa di quella che emergeva nelle pagine di Ovidio, autore pur riscoperto e valorizzato in quegli ambienti. Fu allora che fermenti di libertà intellettuale e di tolleranza morale cominciarono a scardinare l'ortodossia cristiana nell'ambito erotico. Questa nuova concezione trovò la sua codificazione nel trattato De amore di Andrea Cappellano vissuto alla corte di Maria di Champagne (fine XII secolo). Per Andrea l'amore è una passione naturale che si origina dalla vista e dal pensiero ossessivo della bellezza di una persona di sesso diverso che fa nascere un intenso desiderio di portare a compimento con volontà concorde tutti i precetti dell'amore, senza escludere il godimento fisico. Questa famosa definizione comporta l'esclusione dell'amore dal rapporto coniugale: l'amore è extra-coniugale perché il vincolo matrimoniale, con la legalità e disponibilità del possesso, elimina la trepidazione che nasce dal desiderio ostacolato; ed è spesso asimmetrico, cioè rivolto ad una donna sposata di rango più elevato del poeta. L'amore è quindi adorazione segreta, intimo vagheggiamento dell'amata, dedizione, servizio, stupefatta contemplazione dell'amante di fronte all'amata, la cui superiorità è sintesi di bellezza fisica (stereotipata nella chioma bionda e nella luce del volto) e di qualità morali. L'amore è sempre esperienza gratificante, anche nell'insuccesso, perché diventa per l'amante, nobile di animo, un itinerario di affinamento interiore.

    L'amore cortese includeva così una vasta gamma di possibilità tematiche: adorazione quasi religiosa, analisi dei turbamenti e degli stati d'animo dell'amante-poeta, processo di perfezionamento interiore. Sue convenzioni topiche sono: la lode della donna amata, l'innamoramento per una donna lontana, la figurazione dell'amante silenzioso e in pena, il servizio alla donna, il ricorso ad ambigui riferimenti o alla perifrasi per evitare una chiara identificazione della donna (il cosiddetto, pseudonimo, o senhal). In parecchi casi il poeta adotta uno stile di ricercatezza e allusività oscuro ed ermetico (il trobar clus, "poetare chiuso, oscuro") contrapposto al trobar leu ("poetare chiaro"). La produzione dei trovatori (poeti, dal verbo provenzale trobar, "poetare") provenzali (fine XI - XII secolo) è vastissima. Ci sono giunti 2542 componimenti: un decimo di essi sono adespoti (privi di autore), gli altri si ripartiscono fra 460 autori di cui è noto almeno il nome. Dalla Provenza i temi e i moduli della lirica cortese si diffondono, attraverso i frequenti spostamenti dei trovatori da una corte all'altra, nel mondo germanico, in Spagna e in Italia. In Italia ebbero un'influenza notevole nell'ambito della Scuola siciliana e dei successivi poeti toscani fino allo Stilnovo.

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    Proemio delle Storie di Tucidide Traduzione Versione di Greco Storie - Proemio



    Le Storie Tucidide Proemio - Inizio delle Storie di Tucidide - Introduzione alle Storie di Tucidide Traduzione in Italiano dal Greco



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    Titolo della Versione Proemio delle Storie
    Autore: Tucidide (Le Storie)
    Input: Θουκυδίδης Ἀθηναῖος ξυνέγραψε τὸν πόλεμον τῶν ελοποννησίων καὶ Ἀθηναίων
    Libro: Dianioia p 159 n 169; L'Abbraccio di Dafne

    Versione Proemio Le Storie di Tucidide
    Θουκυδίδης Ἀθηναῖος ξυνέγραψε τὸν πόλεμον τῶν ελοποννησίων καὶ Ἀθηναίων, ὡς ἐπολέμησαν πρὸς ἀλλήλους, ἀρξάμενος εὐθὺς καθισταμένου καὶ ἐλπίσας μέγαν τε ἔσεσθαι καὶ ἀξιολογώτατον τῶν προγεγενημένων, τεκμαιρόμενος ὅτι ἀκμάζοντές τε ᾖσαν ἐς αὐτὸν ἀμφότεροι παρασκευῇ τῇ πάσῃ καὶ τὸ ἄλλο Ἑλληνικὸν ὁρῶν ξυνιστάμενον πρὸς ἑκατέρους, τὸ μὲν εὐθύς, τὸ δὲ καὶ ιανοούμενον. κίνησις γὰρ αὕτη μεγίστη δὴ τοῖς Ἕλλησιν ἐγένετο καὶ μέρει τινὶ τῶν βαρβάρων, ὡς δὲ εἰπεῖν καὶ ἐπὶ πλεῖστον ἀνθρώπων. τὰ γὰρ πρὸ αὐτῶν καὶ τὰ ἔτι παλαίτερα σαφῶς μὲν εὑρεῖν διὰ χρόνου πλῆθος ἀδύνατα ἦν, ἐκ δὲ τεκμηρίων ὧν ἐπὶ μακρότατον σκοποῦντί μοι πιστεῦσαι ξυμβαίνει οὐ μεγάλα νομίζω γενέσθαι οὔτε κατὰ τοὺς πολέμους οὔτε ἐς τὰ ἄλλα


    Traduzione Proemio le Storie di Tucidide (C. Moreschini, Sansoni 1967)
    L'ateniese Tucidide descrisse la guerra fra Ateniesi e Peloponnesi, come combatterono fra di loro, cominciando subito al suo sorgere e immaginando che sarebbe stata grande e la più importante di tutte quelle combattute fino allora. Lo immaginava deducendolo dal fatto che le due parti si scontrarono quando entrambe erano al culmine di tutti i loro mezzi militari e vedendo che il resto della Grecia si univa ai due contendenti, gli uni subito, e gli altri ne avevano l'intenzione. Certo questo è stato il più grande sommovimento che sia mai avvenuto fra i Greci e per una parte dei barbari, per così dire, anche per la maggior parte degli uomini.
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    La Sicilia, Traduzione delle Versione Giustino




    sicilia




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    Titolo della Versione La Sicilia
    Autore: Giustino
    Input: Siciliam ferunt angustis quondam faucibus Italiae



    Versione la Sicilia - Giustino
    Siciliam ferunt angustis quondam faucibus Italiae adhaesisse direptamque ab ea velut a maiore corpore impetu maris,quod toto undarum onere illuc vehitur. Est autem terra ipsa tenuis ac fragilis et cavernis quibusdam fistulisque ita penetrabilis ut ventorum flatibus tota ferme pateat; praeterea ignibus generandis nutriendisque ipsius soli natura apta videtur. Nam intrinsecus stratum sulphure et bitumine esse traditur; quae res facit ut, spiritu luctante cum interiore igne, frequenter et compluribus locis nunc flammas nunc vaporem nunc fumum eructet. Inde Aetnae montis per tot saecula durat incendium.Et, ubi acrior per cavernarum spiramenta ventus incubuit, harenarum moles egeruntur. Nec mirum, si fabulosa est huius freti antiquitas, in quod tot res mirae coierunt ut non modo experientibus, verum etiam procul visentibus terribile sit. Undarum enim inter se concurrentium tanta pugna est ut alias in imum desidere, alias in sublime ferri videas.


    Traduzione Proserpina
    Si dice che la Sicilia una volta fosse attaccata all' Italia attraverso un angusto istmo e che fosse stata portata via da questa come da un corpo maggiore dall' impeto del mare che la' è trascinato con tutta la forza delle onde. La stessa terra poi e' sottile e fragile e attraverso certi canali e cavita' e' cosi' accessibile da essere esposta quasi completamente al soffio dei venti; inoltre la natura dello stesso suolo sembra adatta a generare e ad alimentare fuochi. Infatti si dice che all' interno ci sia uno strato di zolfo e di bitume; questa cosa fa si' che, lottando il vento col fuoco interno, spesso e in molti luoghi emetta ora fiamme, ora vapore, ora fumo. Percio' l' incendio del monte Etna esiste da tanti secoli. E, appena il vento piu' penetrante soffia attraverso gli spiragli delle caverne, grandi blocchi di sabbia vengono gettati fuori. Ne' c'e' da meravigliarsi se e' favolosa la fama di questo stretto sul quale si concentrano tante meraviglie a tal punto da essere terribile non solo a quelli che ne fanno esperienza, ma anche a quelli che lo vedono da lontano. Infatti e' tanto l'impeto delle onde che si scontrano fra loro che tu puoi vedere alcune che si portano verso l'abisso, altre verso il cielo.


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    Tema sulla superstizione Tema Svolto La Superstizione



    superstizione




    Tema Svolto la superstizione | Tema sulle superstizioni - La superstizione - Tema Svolto: la superstizione nel medioevo - Superstizioni e magie - Saggio sulla superstizione - Articolo di giornale




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    Qui ci sono vari temi con i quali poter elaborare un tema o una relazione sulla superstizione

    Temi sulla superstizione





    Tema sulla superstizione

    santantonio.org
    Capelli quasi bianchi, pelle diafana. Una nascita prematura. Una leggera disabilità.
    In alcuni Paesi dell’Africa subsahariana basta essere albini per entrare nella categoria dei bambini a rischio emarginazione sociale. «Segnati» perché, si dice, in contatto con le occulte potenze malefiche e quindi artefici di pratiche di stregoneria. La denuncia è arrivata nell’aprile scorso da un rapporto dell’Unicef (Les enfants accusés de sorcellerie. Etude anthropologique des pratiques contemporaines relatives aux enfants en Afrique), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa della protezione dell’infanzia. Senza dare cifre precise, gli autori della ricerca – antropologi, Ong e giornalisti – parlano di un aumento delle violenze nell’ultimo ventennio. «Nella Repubblica democratica del Congo il 70 per cento delle migliaia di ragazzi che vivono nelle strade sono stati abbandonati dalle loro famiglie perché accusati di stregoneria», dice la ricerca. È il caso di Roger, di Kinshasa, che racconta agli intervistatori: «Mia madre è andata via di casa quando ero piccolo. Papà è un uomo fragile, debole, la sua nuova donna mi picchiava, mi accusava di essere maledetto. Diceva che era colpa mia se papà era malato. Mi ha buttato fuori di casa». Roger, secondo la donna, attirava il malocchio su chi gli era vicino e quindi l’unico rimedio era cacciarlo.
    Africa lontana? Secondo gli studiosi, i meccanismi che spingono a cercare una spiegazione alle avversità sono simili a ogni latitudine, con manifestazioni che poi, ovviamente, assumono le caratteristiche delle diverse culture. Non a caso, a metà settembre, il Festival della filosofia che si è tenuto tra Modena, Carpi e Sassuolo è stato proprio dedicato al tema della «fortuna» (e quindi della superstizione).

    «Abbiamo bisogno di trovare una spiegazione a tutto ciò che ci accade e ci fa paura perché incomprensibile. E spesso la causa più immediata che ci viene in mente, quella più a portata di mano, è il maleficio o l’invidia del vicino»: Marino Niola ha lunga dimestichezza con malocchio e superstizioni. Ordinario a Napoli di antropologia dei simboli presso l’istituto universitario Suor Orsola Benincasa, ha pubblicato decine di volumi sull’argomento. Ne Il libro delle superstizioni con i rimedi popolari e le difese tradizionali dal malocchio, dalle fatture e da numerosi altri malefici, scritto a quattro mani con Elisabetta Moro ed edito da l’Ancora del Mediteraneo, si sofferma sulle radici del fenomeno nel nostro Paese.

    Una ragione «dual band»
    In passato, racconta Niola, le crisi erano annunciate da segni che oggi noi definiamo superstiziosi: la natura si metteva a funzionare all’incontrario, nascevano mostri, creature a due teste, e le mostruosità, le anomalie, davano corpo alle paure e diventavano profezie a posteriori, in senso retroattivo.
    Noi, sostiene l’antropologo, non siamo diversi dagli antichi: «Sono cambiati oggetti e simboli che usiamo da catalizzatori dei nostri mali e carichiamo di paura superstiziosa il semplice volo degli uccelli. Anni fa c’era la sindrome dell’influenza aviaria e poi di quella cinese... volta per volta abbiamo una sorta di sindrome immunitaria che nasce da una fobia epidemica, che poi i dati scientifici rivelano trattarsi di paura superstiziosa». Quello che favorisce ieri come oggi la superstizione è il fatto che una parte della realtà sfugge a qualunque tentativo di spiegazione e ci rendiamo conto, anche noi che siamo figli della tecnologia, che la scienza non può tutto e non attenua il senso della nostra fragilità e vulnerabilità.
    «Usiamo due modi di ragionare: la ragione scientifica, e quindi l’attribuzione di cause, e l’associazione di simboli, che è la base della superstizione. Cambiamo questi due modi come facciamo con le carte sim dei telefonini: un po’ usiamo l’una e un po’ l’altra. La nostra ragione, potremmo dire, è dual band». Se un luogo comune vorrebbe l’Italia divisa tra regioni più superstiziose e altre meno, secondo Niola nei fatti «è equamente distribuita: il Sud gioca di più sulla superstizione e non ha paura di confessarlo. Molto spesso in altre parti d’Italia si dice di non essere superstiziosi ma solo scaramantici. Ma nei fatti la scaramanzia non è diversa, è una versione light della superstizione. Napoli, che ha fama di essere città superstiziosa, è al contrario una città in cui la superstizione diventa un gioco sociale, spesso spiritoso, e dove non si ha paura di giocare con questi simboli. Napoli non è la capitale ma l’università della superstizione, cioè il posto dove si insegna qualcosa in cui non si crede realmente».
    Con l’avvento della società globalizzata resistono comunque i grandi simboli – specchio, sale, gatto nero – ai quali la stessa società complessa trova un antidoto: «Oggi non tutti la pensano allo stesso modo, come accadeva nella società contadina, e per esempio il gatto nero, che si ritiene porti sfortuna, trova una difesa nell’animalismo».
    Niola ritiene che nella società della comunicazione la superstizione venga amplificata: «Per esempio la fama di jettatore di un personaggio oggi si diffonde con una rapidità che prima non c’era. E se una volta era complicato avere l’immagine dell’altro per fare malefici voodoo, oggi attraverso internet chiunque può catturare una fotografia dell’altro».
    Quanto alla «gravità» della superstizione, secondo lo studioso bisogna distinguere tra la malattia mentale – chi crede nelle superstizioni al punto da essere paralizzato da certe cose – e coloro che giocano con la superstizione. Insomma, persone che non credono veramente che se mettono il piede sulla soglia, o sulla riga della mattonella, o se escono di casa partendo con il piede sbagliato gli succederà qualcosa. Ma si attengono a quel rituale perché li fa stare meglio. È qualcosa di molto simile all’effetto placebo in medicina. «Questo è il superstizioso sano. In questo modo “non è vero ma ci credo” è una forma di precauzione, un’ammissione umile dei limiti della ragione. Esiste una quota di realtà che ci sfugge, e con questi rituali si ha l’impressione che la cosa sia un po’ meno incontrollabile o quanto meno di aver fatto “il possibile” e di non avere nulla da rimproverarsi».

    Nell’Italia della superstizione c’è comunque anche spazio per quanti lucrano sulle fragilità altrui, sui bisogni di rassicurazione. Santoni alla buona e sètte religiose anche se non molto diffuse come in Africa, di recente sono state scoperte al Nord come al Sud. «Da noi questi sono ancora fenomeni marginali. Dico “ancora”, perché non è mai detto. La ruota della storia spesso fa dei giri strani. In Africa sono più frequenti perché le religioni tradizionali facevano largo uso di spiegazioni di questo tipo, mentre da noi si è creata nel tempo una frattura maggiore tra religione e superstizione». Se infatti l’Enciclopedie di Diderot e d’Alembert, i padri dell’Illuminismo, non distingue religione e superstizione e le considera la stessa cosa, oggi i tempi sono cambiati. «La superstizione non ha un contenuto preciso, ma è una soglia variabile che si sposta con tempi e culture. La scienza ufficiale nel ’600-’700 credeva e professava cose che oggi sono per noi superstizioni, ma tre secoli fa quella era la scienza ufficiale. Probabilmente fra tre secoli molte delle teorie di oggi sembreranno superstizioni».
    Eppure dei retaggi di superstizione resistono nelle religioni tradizionali. «Basti pensare all’uso che le persone fanno, anche in perfetta buona fede, dei simboli religiosi. Per esempio, poco tempo fa il leader della Lega, Bossi, diceva che tutte le mattine, quando esce da casa, tocca un crocifisso che sta fuori la porta perché così è sicuro che non gli capitano “sfighe”. Il che equivale a servirsi del crocifisso come si usano le corna o il ferro di cavallo, cioè a fare un uso superstizioso del simbolo religioso».


    L’intervista
    Non è vero ma ci credo

    «Ne ho lette e scritte troppe per crederci. Ma come disse Croce, prendo le mie precauzioni». Andrea Malossini, giornalista e scrittore, nato a Bologna 52 anni fa, da circa vent’anni si occupa di tradizioni popolari. Ha scritto numerosi libri sul tema e lo scorso anno, per l’editore Antonio Vallardi, ha pubblicato Il dizionario delle superstizioni italiane. Dichiara: «Non credo nella scaramanzia e nelle pratiche propiziatorie, non ho problemi ad appoggiare il cappello sul letto o a vestirmi di viola in tv, ma evito di passare sotto a una scala aperta».
    Msa. Quali sono le superstizioni più diffuse in Italia?
    Malossini. Quelle legate alla vita rurale, al cibo, alle malattie e alla religione. I bisogni primari del passato. Ad esempio, si dice che porti sfortuna appoggiare il cappello sul letto o tenere aperto l’ombrello in casa. Due credenze che hanno la stessa origine. Erano azioni che compivano i preti di campagna quando andavano a impartire l’estrema unzione ai moribondi. Per questo non portano bene.
    Identikit del superstizioso: esistono varie tipologie? C’è una differenza di età o di sesso?
    Peppino De Filippo intitolò una divertente commedia Non è vero ma ci credo: è un po’ il pensiero dell’uomo contemporaneo. Un po’ di superstizione, quando serve a non prendersi troppo sul serio, male non fa. La superstizione non è più un fenomeno legato all’ignoranza.
    In passato era diverso. La superstizione era un fenomeno che riguardava soprattutto il mondo rurale, i ceti più poveri, gli adulti e gli anziani, chi lavorava nei campi o svolgeva lavori umili, chi aveva una scarsa cultura ed era molto religioso. Ora non più.
    Tra gli uomini e le donne sono forse più superstiziosi gli uomini. La donna è più razionale e di solito è superstiziosa solo per quello che le «fa comodo». Prendiamo il parto. Le partorienti pensavano portasse sfortuna avere addosso oggetti di metallo, monili, collane, forcine e quant’altro potesse in effetti disturbare il travaglio. I mariti invece erano certi che fosse di buon auspicio appendere i pantaloni all’uscio di casa e andarsene a fare un giro sparando fucilate in aria. Diciamo che le superstizioni femminili sono molto più «razionali» di quelle maschili.
    In che misura la superstizione condiziona il comportamento quotidiano e le grandi scelte di vita?
    Salvo casi particolari, la superstizione non è così condizionante come si crede. Nel senso che molte persone hanno rituali scaramantici, specie in occasione di eventi particolari: come gli esami per gli studenti, le competizioni per gli sportivi o le «prime» per gli attori, ma questo non vuol dire che «condizionino» la vita e il comportamento quotidiano.
    Il rapporto tra superstizione e mondo dello spettacolo?
    Gli attori appartengono a una categoria molto superstiziosa. Alcuni esempi: mai indossare qualcosa di viola, porta sfortuna (il viola è il colore dei paramenti sacri durante la quaresima, periodo nel quale non si facevano spettacoli e gli attori «tiravano la cinghia»). Mai iniziare uno spettacolo di venerdì, mai 13 attori, se cade il copione a terra, porta male. Non aprire in platea l’ombrello, non fischiare nei camerini e mai dire «buona fortuna» prima di entrare in scena.
    Ci parli di qualche superstizione che ha una spiegazione logica...
    Il ferro di cavallo, ad esempio. È risaputo che porta fortuna trovarne uno. In origine portava bene perché per un povero contadino trovare un ferro di cavallo era una vera e propria fortuna, data la scarsità di metallo. Se poi si pensa che nell’antica Roma potevano essere d’oro o d’argento...


    L’opinione della chiesa. Solo in Gesù c’è la salvezza
    Numerosi episcopati hanno richiamato l’attenzione dei fedeli sul rischio di infatuazione verso pratiche e atteggiamenti magici o superstiziosi. Interessante la lettera pastorale scritta nel 2001 dall’allora arcivescovo di Pesaro, Angelo Bagnasco, oggi presidente della Conferenza episcopale italiana, insieme ai confratelli Francesco Marinelli, arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado e Vittorio Tomassetti, vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola.
    Nella lettera si dice, tra l’altro: «L’esaltazione della dimensione emotiva e un diffuso senso d’angoscia inclinano verso una religiosità fortemente emozionale e magica e spingono alla ricerca dello “straordinario”, di esperienze gratificanti e di sensazioni di benessere fisico e psichico. In questo contesto culturale proliferano: le molteplici forme di “superstizione” che consistono nell’attribuire importanza indebita e quasi magica a certe pratiche o oggetti (amuleti, consultazione degli oroscopi, astrologia, lettura delle carte – i “tarocchi” –, numeri della fortuna o della sfortuna...); le pratiche di magia, di stregoneria, di satanismo, con le quali si pretende di allearsi con “forze occulte” e di piegarle a servizio proprio o degli altri, sia nel bene che nel male (malocchio, fattura, maleficio, “messe nere”...); lo spiritismo nelle sue varie forme (sedute medianiche, scrittura automatica, riti o tecniche per presunti contatti con i defunti...); le varie esperienze e tecniche psico-fisiche di “meditazione”, di “guarigione”, che di per sé non presentano verità da credere (es. il Reiki), ma che in realtà insinuano una determinata visione dell’uomo e del mondo non conforme alla Rivelazione di Gesù Cristo; i cosiddetti “nuovi movimenti religiosi”, che a volte, nel linguaggio comune, vengono indicati anche con il nome di “sètte”. Alcuni di questi sono di derivazione cristiana e hanno la pretesa di avere ricevuto dei nuovi messaggi rivelati. Altri si ispirano alle religioni orientali. Altri ancora a tradizioni esoteriche e occultistiche. I Testimoni di Geova, l’Associazione internazionale per la meditazione trascendentale, la Chiesa di Scientologia (Scientology), la Nuova Acropoli, il Movimento della speranza, l’Anima universale, Gruppi di New Age, il Movimento di Moon, la Fede universale di Bahai... sono solo alcuni dei numerosi “Nuovi movimenti religiosi” presenti in Italia e nel mondo.
    (…) Di fronte alla sfida pastorale (...) noi Vescovi riaffermiamo, secondo la fede della Chiesa, che solo il Signore Gesù ha vinto il maligno, libera da ogni paura e dalla ricerca di mezzi magici per affrontare le difficoltà della vita. Solo in Gesù Figlio di Dio, morto e risorto, è la salvezza e la pace».



    Storia della superstizione

    onuspi.it
    L'origine della superstizione
    Se qualcuno volesse mettere in fila (e mi pare che qualcuno l'abbia fatto) tutte le superstizioni presenti nelle differenti culture umane, l'elenco sarebbe lunghissimo. Ogni cosa, essere o evento, per l'irrazionale della nostra mente, può portare fortuna, sfortuna oppure addirittura avere più specifici, positivi o negativi, effetti. Il canto della civetta, il gatto nero che attraversa la strada, lo specchio rotto, il passare sotto una scala, lo spargere sale... scrivo così, a ruota libera, e si tratta, fin qui, di superstizioni tradizionali, semplici e circoscritte. La superstizione, però, può divenire addirittura uno stile di vita perché, per certe persone, può influenzare ogni scelta, ogni comportamento. Inoltre, può proliferare. Ciascun essere umano, in tema di superstizioni, può dimostrarsi un creativo. Ciascuno può, spontaneamente, crearne delle nuove e personali (che so? un indumento che "porta bene") da aggiungere alle superstizioni antiche e tradizionali, e dunque generalizzate e generiche come il fare le corna o il dire "in bocca al lupo" con quel che segue.
    Ogni comportamento, nella nostra specie, è complesso e composito, e questo vale anche per quello superstizioso, che trova infatti in collaterali fenomeni, primo fra tutti la ritualizzazione, rinforzo e complementarità. Eppure il fenomeno in sé, nella sua origine, che non posso che definire zoologica, è semplice, ed è proprio perciò che tutti, in fatto di superstizioni, possiamo essere creativi. Merita dunque partire dalla zoologia, e lo faccio ricordando un'abbastanza vecchia, ma ancora valida (del resto nel tempo varie volte replicata con differenti specie) ricerca di un famoso studioso del comportamento, B.F. Skinner. Quella storica ricerca s'intitola Superstition in the Pigeon (superstizione nel colombo) e fu pubblicata nel 1948 sul "Journal of Experimental Psychology". È un caposaldo per la comprensione del fenomeno. Occorre però che, sempre parlando di animali, anticipi qualche informazione su uno speciale modo di apprendere, che rientra nell'apprendimento per associazione, comunemente detto condizionamento operante.
    Immaginiamo un gatto che si trovi in un ambiente delimitato dove è presente una leva per la distribuzione del cibo. Il gatto esplora e, più o meno casualmente, si imbatte nella leva, la preme e, rapidamente, apprende ad associare il gesto di pressione con l'ottenimento del cibo (il rinforzo positivo). Questo è il condizionamento operante, un tipo di apprendimento, ove il comportamento è strumentale all'ottenimento del rinforzo, se questo è positivo, cioè se è un premio. Oltre al rinforzo positivo, però, esiste anche quello negativo, cioè la punizione. In questo caso l'associazione tra un comportamento e una punizione tenderà a inibire il comportamento.
    Detto come funziona il condizionamento operante, possiamo ora affrontare il tema dell'origine prima del comportamento superstizioso in colombi e altri animali, uomini inclusi. Eccoci allora a Skinner, che ha immaginato, usando come soggetti sperimentali alcuni colombi, una situazione in cui, a intervalli prefissati e frequenti, viene somministrato del becchime come rinforzo positivo. Ebbene, succede che, quando a un colombo capita di ricevere, così per caso, del becchime (e cioè un premio), quel colombo tende a ripetere "quel comportamento" che stava facendo quando il premio gli è caduto dal cielo. Ciò, ovviamente, già di per sé aumenta le probabilità che il premio (che piove senza regolarità ma con frequenza) gli arrivi ancora proprio al momento giusto. Per farla breve: così ingannato (autoingannato?), il colombo tende a interpretare l'arrivo del premio come l'effetto del suo speciale comportamento. Skinner, attraverso questo modello sperimentale, aveva ottenuto colombi che, per superstizione, manifestavano i comportamenti più bizzarri, come allungare e ritrarre il collo, sbattere le ali, fare un giro su se stessi, tutto ciò in funzione dell'ottenimento del premio. Quei comportamenti, per dirla col nostro linguaggio, portavano bene.
    Una vera superstizione nasce dunque così, come ci hanno insegnato quei colombi. Associando, erroneamente, l'ottenimento del premio al comportamento eseguito immediatamente prima, essi non facevano altro che stabilire l'esistenza di un'illusoria, falsa relazione di causa-effetto tra due eventi in realtà tra loro indipendenti. La superstizione, in definitiva, non è altro che un errore di funzionamento all'interno di quel meccanismo rilevatore di causalità che è presente, data la sua essenzialità, in ogni specie animale.
    Abbiamo così appreso che la superstizione non è altro che un momento di confusione all'interno di un utile, in quanto adattativo, processo di apprendimento per associazione. E', d'altro canto, difficile anche per noi, quando un evento precede strettamente un altro, sottrarsi all'impressione che il primo sia la causa del secondo. E mi verrebbe da scrivere che, in fin dei conti, la superstizione ha una sua dignità proprio perché si basa su un processo logico, di cui, meno dignitosamente, si fa un uso improprio. E se è improprio per dei colombi e per altri animali, topi o scimmie che siano, che dovrei dire per la nostra specie?
    L'errore, cioè la confusione tra causalità e casualità, dipende dal fatto che forte è la tendenza a badare alla presenza delle associazioni, dimenticando i numerosissimi casi dell'assenza, quando cioè i due eventi avvengono indipendentemente. A trarci in inganno è proprio il differente peso che si attribuisce a presenza e ad assenza. Esempio: può capitarci mille volte di assistere a un incidente senza che questo sia preceduto da un gatto nero che attraversa la strada, può capitarci mille volte che un gatto nero attraversi la strada senza che niente succeda; se però capita, una volta su duemila, che i due eventi coincidano, ecco che subito l'associazione viene colta e viene letta come rapporto di causa-effetto, e di conseguenza enfatizzata, raccontata a destra e a manca. Già, raccontata, perché noi umani, tra l'altro, "trasmettiamo culturalmente". Da qui, appunto, molti sviluppi e altrettante ricadute.

    Sviluppi e ricadute
    Se nei colombi, così come in altre specie animali, l'origine della superstizione è sempre rinvenibile in un erroneo uso del condizionamento operante, per la specie umana non è così. Chi sarà mai stato quello che per primo ha stabilito che passare sotto un scala porta male? Probabilmente uno cui era caduto un secchio di vernice in testa avendo inciampato sotto la scala di un imbianchino. Quello sì che ha fatto come i colombi di Skinner. Ma da allora, lo sappiamo bene, moltissimi individui, nello spazio e nel tempo, hanno evitato, evitano ed eviteranno di passare sotto qualsiasi scala perché porta male. E non possiedono, per quel "porta male", così come per tanti altri, alcuna esperienza diretta, alcuna spiegazione. Il fatto è che l'uomo non apprende solo attraverso la sua esperienza diretta, ma anche, e direi soprattutto, per trasmissione culturale. La maggior parte di quelli che non passano sotto una scala per superstizione lo fanno perché qualcuno gliel'ha detto. E non pensano a un secchio che potrebbe cadergli in testa, perché altrimenti sarebbe semplice: basterebbe guardare se c'è un secchio.
    È così importante il fenomeno della trasmissione culturale nella nostra specie (così come in altre, d'altronde) che a esso dedicherò l'intero prossimo capitolo e altro spazio ancora, ma non posso approfondire l'argomento della superstizione senza anticipare almeno qualcosa sui meccanismi sociali su cui si basa buona parte del passaggio dell'informazione. Del resto non c'è scampo: chi come me ha esperienza d'insegnamento o anche solo di divulgazione nel campo del comportamento animale e umano sa che non è possibile trattare in modo troppo separato un fenomeno, senza cioè tirarne in ballo altri. Ogni comportamento infatti è sempre debitore, per il suo determinarsi, di svariati fenomeni. L'avevo ribadito aprendo il discorso sulla superstizione: ogni comportamento, in particolare nella nostra specie, è sempre complesso e composito. A ogni modo, non è soltanto nella specie umana che l'informazione, e pertanto anche quella concernente una superstizione, può passare attraverso le vie della comunicazione sociale. C'è un esperimento davvero elegante - l'ha realizzato Eberhard Curio dell'università di Bochum - che ci dimostra come una superstizione possa venire acquisita per trasmissione culturale da un'intera popolazione di uccelli.
    L'idea originale di Curio è stata quella di realizzare una vera struttura capace di fabbricare le superstizioni. Ecco come. Immaginate tre voliere messe una accanto all'altra. Le due voliere laterali non avevano niente di speciale e contenevano ciascuna un merlo. La vera fabbrica delle superstizioni si trovava nella voliera centrale, più piccola di quelle laterali perché i due merli potessero vedersi, sentirsi, comunicare. La voliera centrale era centralmente divisa, per il lato parallelo alle altre due, da una parete opaca, così che ciascun merlo potesse vedere solo dalla sua parte. Curio poteva piazzare, dal lato di un merlo, un uccello rapace (che solo quel merlo vedeva), mentre dall'altro lato, nelle differenti serie sperimentali, metteva animali diversi oppure oggetti. Ma sempre animali o oggetti totalmente nuovi, e dunque sconosciuti al merlo che poteva vederli.
    Ecco allora cosa succedeva. Il merlo dalla parte del predatore si metteva, correttamente, in agitazione, e cominciava a lanciare i suoi segnali d'allarme. Ciò attirava l'attenzione dell'altro merlo, il quale però, ingannato dal marchingegno pensato da Curio, non vedeva il predatore, bensì un animale o un oggetto sconosciuto. Così, sulla base dell'allarmante informazione, si fabbricava l'errata associazione, in pratica la sua superstizione, che quell'animale (si trattava di uccelli esotici non predatori) o quella cosa (per esempio una bottiglia dipinta a righe trasversali) rappresentava una minaccia! E così, nel futuro, quel merlo ogni volta che li incontrava lanciava segnali allarmanti, trasmettendo la falsa informazione. Liberato in un ambiente dove c'erano altri merli e, sparsi qua e là, quegli animali o quegli oggetti, era lui a dare il via alla tradizione, ma presto altri si aggiungevano. Dopo un po' tutti i merli erano diventati superstiziosi. E questo, senza dubbio, è quello che può capitare, e che è capitato infinite volte, nella nostra specie.
    Nei prossimi capitoli, affrontando il tema della trasmissione culturale, darò ulteriori informazioni sull'importanza dello stato sociale di chi passa l'informazione e di chi la riceve (soprattutto se è un giovane), e sul ruolo della ritualizzazione. Aspetti che valgono sia per la superstizione sia per altri tipi di comportamenti e che, pertanto, vanno affrontati in una trattazione più generale. Voglio però subito segnalare che, a proposito dei comportamenti superstiziosi propri dell'infanzia, si ritiene che dipendano dal fatto che i bambini sono fondamentalmente conservatori, hanno paura dell'imprevisto e, di conseguenza, cercano di controllare la realtà per evitare che essa cambi. E la maniera più semplice, per la mente infantile, è quella di fare qualcosa, di compiere azioni che dovrebbero allontanare imprevedibilità e incertezza. Come, per esempio, fare attenzione a non pestare le linee tra due lastroni della pavimentazione stradale, non salire il primo gradino di una casa con il piede sinistro, e così via. Questi piccoli esorcismi, in qualche caso, possono perdurare anche negli adulti, a volte sotto forma di riti innocenti, a volte di riti un po' ossessivi che hanno alla loro radice forme di insicurezza e di paura.
    La superstizione, insomma, rimanderebbe a un aspetto infantile della mente umana e al suo modo di valutare la realtà. Farebbe parte di noi, e come tale si dovrebbe comprendere e quindi accettare come una manifestazione collaterale dell'"irrazionale necessario". Dispiace, però, che questa tendenza a credere ignorando il contributo, spessissimo disponibile, di una spiegazione razionale così frequentemente venga strumentalizzata per fini e interessi almeno discutibili. Penso all'astrologia o al gioco del lotto, così di moda. Mi riferisco al comportamento della nostra televisione di stato, che sembra fare di tutto per rinforzare la purtroppo già radicata credenza che i cosiddetti numeri ritardatari abbiano maggiori probabilità di venire estratti degli altri, mentre ci vuole così poco per capire che ogni volta che ha luogo un'estrazione ogni numero ha, esattamente, le stesse probabilità di uscire di tutti gli altri. Non è certo così che si favorisce l'acculturazione di una popolazione.
    Mi pare infine interessante riportare testualmente la definizione di superstizione che si trova nel recente Dizionario di antropologia curato da Ugo Fabietti e Francesco Remotti: "Termine utilizzato per denotare pratiche, credenze e rituali che, a giudizio dell'osservatore, sono prive di qualsiasi fondamento empirico e religioso. Esso implica sempre un giudizio di tipo negativo, mirando a considerare falsi o illusori i presupposti su cui si fonda il tipo di pensiero così classificato. La considerazione delle superstizioni primitive è stata al centro degli interessi degli evoluzionisti, costituendo il punto di partenza per discutere l'origine della religione e per descrivere modalità di pensiero considerate radicalmente diverse rispetto a quelle occidentali". Insomma, se ne deduce che sono superstizioni solo le pratiche, le credenze e i rituali degli altri. E se vengono da lontano (dall'Oriente) ancora meglio. Ora, considerato che quanto riportato dal dizionario non è una fantasia degli autori, ma un dato di fatto ancora quasi universalmente accettato, mi pare che ciò davvero possa diventare un punto di riflessione sullo scarso uso che la nostra specie fa ancora oggi della razionalità. E una riflessione sull'oggi basterebbe. Non posso però non ricordare cosa significò questa discriminante solo pochi secoli fa, quando "il giudizio dell'osservatore" poteva spedire chiunque sul rogo, esseri umani (le streghe) e animali (gatti e civette). Ha fatto davvero molto male, e ancora può farlo, la superstizione.

    Tratto da: Mainardi D. L'animale irrazionele, Oscar Mondadori Quark [pp.51-58]
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    Proserpina, Traduzione delle Versione




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    Titolo della Versione Proserpina
    Autore:
    Input: Ceres clara fragum dea erat et multas urbes in Sicilia possidebat.



    Versione Proserpina
    Ceres clara fragum dea erat et multas urbes in Sicilia possidebat.Proserpina,venusta Cereris filia,iucunde per prata cum comitibus errabat et varios verios veris flores in agris apud urbem Hennam colligebat.Olim Pluto,amore incensus,puellam rapere uxoremque ducere statuit.Inferum rex e Tartarea spelunca evasit,virginem abripuit et in regnum suum portavit.Perdium Ceres filiae fortunam ignoravit:ideo faces ex Aetnae vertice inflammavit ac puellam per universum orbem terrarum diu noctuque quaerere non intermisit:tota loca clamoribus et querelis personabat.Interae natura languebat,quia Ceres agros frugesque neglegebat.Denique dolor miserae matris patrem deorum hominumque commovit:Olympi dominus Plutonis facinus deae aperuit aequasque condiciones pacis inter Cererem et Plutonem statuit


    Traduzione Proserpina
    Cerere era la famosa dea delle messi e risiedeva in molte città nella Sicilia. Proserpina, graziosa figlia di Cerere, vagava allegra per i prati con i compagni e raccoglieva vari fiori primaverili nei campi presso la città di Enna. Una volta Plutone, acceso d'amore, decise di rapire la fanciulla e di sposarla. Il re degli Inferi uscì dalla caverna del Tartaro, rapì la giovane e la portò nel suo regno. Per molto tempo Cerere ignorò la sorte della figlia; perciò accese fiaccole che risplendevano dalla cima all'Etna e non smise di cercare la fanciulla giorno e notte per tutta la terra: tutti i luoghi risuonavano delle sue grida e dei suoi lamenti. Frattanto la natura appassiva, poichè Cerere trascurava i campi e le messi. Alla fine il dolore della povera madre commosse il padre degli dei e degli uomini: il signore dell'Olimpp rivelò alla dea il misfatto di Plutone e stabilì giuste condizioni di pace tra Cerere e Plutone


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    La rana e il pesce, Traduzione delle Versione



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    Titolo della Versione La rana e il pesce
    Autore: Fedro
    Input: Homines comites sibi similes moribus et ingeniis legere debent.



    Versione La rana e il pesce
    Homines comites sibi similes moribus et ingeniis legere debent. Olim rana petulans ex palude sua migravit ad litus vicini maris, ubi piscem ingenti corpore vidit, splendidis coloribus pictum. Eum salutavit et magna voce clamavit: - Salve, amice. Ego quoque desidero in mari natare cum piscibus et marinis feris in liberis undis. Veniam in undas et vestra comes in aequore ero. Amica tua et comitum tuorum ero: societatem iungemus et voce mea te tuosque socios delectabo. Celeritatem vestram laudabo, colorem squamarum vestrarum spectabo; vos meam vocem audietis -. At piscis, tanta importunitate et petulanti loquacitate fastiditus, longam ranae orationem interpellavit et respondit: - Numquam comites erimus, hospes, nec societas inter ranas et pisces erit. Nam vos semper sine intermissione obstrepitis, nos contra semper tacemus et silention nostro contenti sumus -.


    Traduzione la rana e il pesce



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    Divini presagi allarmano il console C. Mancino, Traduzione delle Versione




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    Titolo della Versione Divini presagi allarmano il console C. Mancino
    Autore:
    Input: Caio Hostilio Mancino consuli in Hispaniam ituro dei, futuras calamitates



    Testo Versione Divini presagi allarmano il console C. Mancino


    Caio Hostilio Mancino consuli in hispaniam ituro dei, futuras calamitates nuntiaturi, tria funesta prodigia miserunt. [...] il testo della versione è incompleto, inviateci il resto del testo lasciando un post qui sotto e potremo scrivere la traduzione completa
    Traduzione Divini presagi allarmano il console C. Mancino
    Al console C.O. Mancino che stava per andare in Spagna gli dei, nell'annunciare future calamità, inviarono tre funesti prodigi.


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    Tema sul bullismo



    bullismo




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    Temi sul bullismo





    Tema sul bullismo

    interruzioni.com
    Nella definizione, correntemente accettata dalla comunità scientifica internazionale, "il bullismo è una sottocategoria del comportamento aggressivo, ma è un tipo di comportamento aggressivo particolarmente cattivo, in quanto è diretto, spesso ripetutamente, verso una vittima particolare che è incapace di difendersi efficacemente, perché è più giovane, o meno forte o psicologicamente meno sicura" (Ada Fonzi, 2006).



    A giudicare dalle notizie riportate dai media, che riferiscono di botte, coltellate, stupri, omicidi e suicidi maturati nell'ambito delle fasce più giovani della popolazione, si diffonde il convincimento che il bullismo sia un fenomeno che, se non in crescita dal punto di vista della frequenza numerica, lo è certamente da quello della intensità della violenza e delle crudeltà perpetrate e dal punto di vista del clima di agghiacciante disumanità che sembra circondare i ragazzi proprio durante il delicato periodo della loro crescita e formazione.

    Il bullismo è sempre esistito ed ha avuto, ed ha, come teatro principale, la scuola. Basti ricordare l'"infame" Franti di Cuore di De Amicis o, spostando i riferimenti letterari alla Mitteleuropa, l'inquietante collegio dove studia il giovane Törless dell'omonimo racconto dello scrittore tedesco Robert Musil.

    Per tanto tempo cullati dalle teorie di Rousseau, per cui l'uomo è buono, ma sono le istituzioni ad essere malvagie, forse i tempi sono maturi per ammettere che le cose non stanno affatto così: che l'uomo è spesso cattivo, come sapevano già gli antichi, e che una componente di violenza è ineliminabile dal corso delle vicende umane.

    Questo non significa che bisogni coltivare un atteggiamento fatalistico e rinunciatario, o che sia necessario avallare le prepotenze, i soprusi, le violenze, le prevaricazioni.

    La scuola sta attraversando in Italia un periodo di grave crisi, proprio nel momento a cui ad essa è demandato il compito di risollevare le sorti culturali ed economiche della nazione.
    Delegittimata e talvolta irrisa, la scuola si trova a dover fare i conti con l'imbarbarimento dei costumi nazionali. Pareti scolastiche imbrattate, aule allagate, furti, estorsioni, molestie, umiliazioni, atti vandalici di ogni tipo, intimidazioni, minacce, pestaggi, l'autorevolezza degli insegnanti ridicolizzata sono il riverbero, sulla scuola, di un clima culturale profondamente mutato negli ultimi decenni, di un permissivismo e di un lassismo deteriori, di un individualismo arrogante e volgare che ha in dispregio tutto ciò che è bene comune. Il valore dello studio serio e costante viene messo alla berlina persino da programmi della televisione generalista, certo di dubbio gusto e di nessuna utilità, come il recente La pupa e il secchione. Salvo poi lamentarci della nostra scarsa competitività a livello internazionale
    Proprio in Italia, dove il fenomeno del bullismo secondo ricerche recenti è molto più diffuso che nel Nord Europa, dove le mafie e i nepotismi di ogni genere spadroneggiano sul merito e sul duro lavoro, siamo, per dirla con Pasolini, i soliti "mandolinisti", pensiamo nella vita di cavarcela a buon mercato, con l'arroganza e con l'astuzia.

    Ecco allora che, a mio avviso, proprio dalla scuola deve nascere un'offensiva convinta contro il bullismo, che da noi mi sembra andare a braccetto con certe deteriori caratteristiche nazionali.
    Spesso il bullo è uno scaldabanchi, uno che vive la scuola come insostenibile frustrazione. Spesso la vittima è uno studente intelligente, magari ansioso e insicuro, ma desideroso di apprendere. Gli insegnanti non debbono permettere che il primo impedisca al secondo di portare avanti il proprio progetto esistenziale, foriero di buoni risultati per sé e per la collettività.

    Spesso la vittima del bullo (o dei bulli) soffre in silenzio, si isola, si colpevolizza, arriva persino ad abbandonare la scuola perché sopraffatto dalla violenza dei coetanei, o delle coetanee, perché l'emancipazione femminile, senz'altro la più lodevole e grande conquista sociale del secolo, ha generato, purtroppo, questo squallido sottoprodotto: le donne stanno eguagliando gli uomini anche nella malvagità.

    I violenti vanno puniti con severità ed isolati, come suggerisce d'altronde anche il ministro della Pubblica Istruzione. La repressione non soltanto è talvolta utile, ma spesso si rivela essere un rimedio necessario. Talvolta (ma non sempre) i bulli provengono da ambienti sociali degradati. Questo non li esime dal tenere comportamenti. rispettosi e responsabili. L'età della ragione, secondo la religione cattolica, inizia già a sei anni e sicuramente già a quell'età si è in grado, sia pur approssimativamente, di distinguere il bene dal male. È, a mio avviso diseducativo, diffondere nella scuola una cultura deterministica che neghi le capacità umane di autoregolazione e di autodeterminazione. Va ripristinato il concetto che ciascuno di noi è responsabile delle proprie azioni, al di là di qualsivoglia condizionamento genetico, biologico, storico, sociale, economico o culturale.

    È difficile correggere i prepotenti. Si può e si deve tentare comunque, ma sono tanti e tali i vantaggi che essi traggono dalla loro condotta, che difficilmente sono disposti a cambiare. Si deve tentare, allora, soprattutto di agire sul gruppo, di frequente complice, a causa del diminuito controllo delle proprie tendenze aggressive, nel perseguitare e isolare la vittima. La scuola deve, magari proprio a partire dall'analisi e dalla discussione di eclatanti fatti di bullismo, insegnare ai ragazzi a confrontarsi con le proprie emozioni, a diffondere una cultura della solidarietà, della tolleranza, del rispetto reciproco anche nella differenza e nella diversità.

    Una cultura che, proprio diffondendo i principi cardine della democrazia, contribuirà a costruire una comunità nazionale più coesa e civile e di conseguenza anche più forte nell'affrontare le difficili e appassionanti sfide che il futuro ci riserva.






    Il bullismo nelle scuole

    skuola.tiscali.it
    Il bullismo nelle scuole

    Il termine “bullismo”, molto spesso dimenticato o sottovalutato, è tornato di moda durante quest’anno scolastico 2006-2007, nel quale molti sono stati gli avvenimenti d’attualità che lo riguardano.
    Vi è stata una bambina di 13 anni che è stata violentata e poi ripresa coi videofonini, ma il caso che ha creato più scalpore è stato quello del ragazzo down deriso e picchiato dai compagni di classe che poi hanno diffuso su internet il “video divertente” delle loro gesta. Ma cos’è in realtà il bullismo?
    Deriva dal termine inglese “bulling” ma nella nostra lingua ha assunto un significato più leggero, di sbruffone, di colui che ama fare il gradasso e che spesso tende a prevaricare, senza mai però raggiungere quelle caratteristiche di cattiveria e di sadismo che invece sono tipici del fenomeno del bullismo così come viene spesso osservato in ambito scolastico.
    Si può affermare che senza dubbio il luogo in cui questi atti si manifestano di più è la scuola, soprattutto durante l’intervallo e nell’orario mensa, poiché è il posto dove si ritrovano i ragazzi, ma bisogna anche ricordare che la scuola è un luogo d’istruzione che non ha assolutamente niente a che vedere col bullismo.

    Infatti esso si può riscontrare anche in altri ambienti e nel tragitto casa scuola. La caratteristica principale del bullo è chiaramente quella dell'aggressività, di un forte bisogno di dominare gli altri, si dimostra spesso impulsivo, si arrabbia facilmente e presenta una bassa tolleranza alla frustrazione, ed è concentrato sui propri desideri senza badare a coloro che gli sono intorno.
    Ma bisogna fare una distinzione con i “bulli passivi” ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano attivamente agli episodi di bullismo, sono nel branco ma non sono interessati a prevaricare ma a far parte, un modo per non essere vittima.
    Tre infatti sono di solito i protagonisti degli atti di bullismo: la vittima, il bullo ed il branco, cioè gli altri, il gruppo, la classe che sta a guardare l’atto di violenza sul più debole senza intervenire, o incitando il bullo o facendo finta di niente.
    Infatti il silenzio e la segretezza sono potenti alleati del bullo, perché non ci si ribella e le vittime si sentono troppo impaurite o deboli per parlarne anche con i genitori, quindi il bullismo passa spesso inosservato.
    Esso inoltre si manifesta in diversi atteggiamenti, i cui principali sono bullismo verbale e bullismo fisico.
    Il primo consiste nell'umiliare la vittima attraverso insulti, sarcasmo o derisione, mentre il secondo, il più classico, con in un contatto diretto (spinte, pugni, calci), e riguarda principalmente i maschi rispetto alle femmine.
    Ma se precedentemente erano solo i ragazzi a fare i bulli e le femmine ad esserne vittima adesso le bambine da vittime passano ad “aggressori” dando luogo al “bullismo femminile” che si manifesta in modo più subdolo perché è meno basato sullo scontro fisico e maggiormente caratterizzato dall'aspetto verbale e indiretto, in particolare si concentra sulla manipolazione dei rapporti di amicizia di cui gode la vittima al fine di portarla all'isolamento sociale.
    Le vittime sono per lo più degli individui molto sensibili e calmi, che quasi mai prendono in giro i propri compagni; sono più deboli dal punto di vista fisico, sono insicuri e se vengono "attaccati" reagiscono chiudendosi in se stessi oppure scoppiando in lacrime.
    Per prevenire questo fenomeno l’arma migliore è il dialogo, aiutare questi “bulli” a raccontare i loro problemi agli adulti per risolverli nel modo migliore, magari sfogando la loro aggressività in qualche sport.
    Essendo il bullismo un problema molto diffuso, è diventato sempre più oggetto di studio e di analisi da parte di esperti.
    Sono stati organizzati incontri e convegni al fine di valutarne le origini e le cause, così da fornire strumenti per intervenire in modo più efficace e porre un freno a questi comportamenti.






    Tema svolto il bullismo

    Traccia: Capita sempre più spesso di sentire parlare di “bullismo” per biasimare certi atteggiamenti che i ragazzi più rissosi rivelano nei confronti dei loro compagni di classe. Prova a spiegare le caratteristiche del fenomeno, individuandone le soluzioni.
    atuttascuola.it
    Svolgimento:
    "Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni" (Olweus 1996). Partendo da questa definizione di un autorevole studioso, capiamo che molti sono gli atti che rientrano in questa categoria. Anzitutto quelli che non implicano un danno fisico, come: mettere in giro falsità su una persona, offenderla, ignorarla, insultarla, prenderla in giro, minacciarla. Poi, dalle parole, si passa spesso anche ai “fatti”, con danni o distruzioni delle cose di una persona, furti, spinte, pugni, o peggio. Questo è il bullismo. Forse riflettendoci, scopriamo che non si tratta di niente di nuovo. Episodi di questo genere, infatti, accadevano anche in altri tempi, come testimoniano i romanzi “Cuore” di Edmondo De Amicis o “David Copperfield” di Charles Dickens, ma la cosa più sconvolgente è che oggi avvengono anche tra le mura scolastiche, mentre una volta quasi tutto succedeva fuori dalla scuola. Una recente inchiesta ha infatti mostrato che il 27% degli episodi di bullismo avviene in aula, il 14% nei corridoi e il 16% nel cortile. La scuola, cioè quello che dovrebbe essere l'ambiente educativo per eccellenza, nasconde una cultura di violenza poco presa in considerazione dagli adulti. Infatti, all'interno della scuola, nel momento in cui gli episodi di prepotenza sono denunciati, viene segnalata un'inspiegabile indifferenza o trascuratezza. Tanto è vero che, in genere, chi è presente all’episodio non interviene per porre fine alle prepotenze. Anche chi subisce la maggior parte delle volte non denuncia e sopporta in silenzio, senza dire niente. Infatti, moltissime vittime non possono o non vogliono far conoscere le violenze subite, forse perché si vergognano, ed elaborano da sole strategie per sottrarsi al ripetersi di tali esperienze e alle loro eventuali conseguenze. Del resto, risulta che anche quando gli episodi vengono denunciati non sempre si verifica la fine delle prepotenze. Per indifferenza o trascuratezza i protagonisti non vengono adeguatamente puniti e si sentono quindi legittimati ad operare come avevano già in fatto in precedenza. Gli insegnanti tendono a non dar peso alla faccenda, diventando così complici della prepotenza. Occorre quindi che anzitutto gli adulti si rendano conto di quest’amara realtà, che non è affatto marginale. Sembra infatti che quasi il 50% dei ragazzi dichiari di essere stato vittima, almeno una volta, di episodi di bullismo. Le statistiche rivelano anche che gli ultimi anni delle suole elementari, quelli della scuola media e i primi delle superiori sono quelli più soggetti ad episodi del genere. Le prepotenze di tipo verbale sono più numerose di quelle di tipo fisico, ma non per questo sono da sottovalutare, poiché spesso esse causano traumi psicologici gravissimi. Si pensi per esempio al bullismo femminile. Quando le ragazze “dominanti” in un gruppo decidono di escluderne qualcuna non la sfiorano fisicamente e non le parlano. La vittima capisce che parlano di lei, ma loro fanno finta di niente, poi si inventano barzellette e canzoni su di lei. Forse questo tipo di bullismo è peggiore di quello maschile, perché certe pressioni psicologiche possono solo essere subite, mentre le azioni fisiche del bullismo maschile possono essere denunciate con maggiore facilità. In genere sono gli insegnanti più giovani a richiedere un intervento deciso di questo tipo, forse anche perché i ragazzi si permettono maggiori licenze di fronte a loro, mentre quelli più anziani tendono a minimizzare, e fanno molto male a comportarsi così. Anche all'interno della famiglia si preferisce non dare peso a quanto accaduto, oppure si consiglia di reagire alla stessa maniera. Questo è deleterio. Infatti, il primo modo per combattere il bullismo è quello di riconoscerne subito la gravità, prima che un problema facilmente risolvibile diventi drammatico. Certe volte, infatti, per i ragazzi le sfide più grandi da affrontare giornalmente non sono i compiti o le interrogazioni, ma l’inserimento, o meno, nel gruppo dei coetanei e il nodo delle relazioni interpersonali. Non dimentichiamolo mai!





    Tema sul bullismo problematica bullismo

    postmodern.splinder.com
    Leonardo Matera

    Con il termine “bullismo” si indicano tutti quei comportamenti di violenza, di sopraffazione, e di prepotenza, i quali avvengono con maggior frequenza in ambito scolastico-formativo.
    I mass media hanno contribuito - e contribuiscono - ad accrescere il grado di attenzione sulle violenze commesse o subite nel mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.
    In realtà il fenomeno non riguarda solo bambini e ragazzi e soltanto il mondo della scuola; Va fatto anche riferimento ad ambiti diversi, come nello sport dove è risaputo che la competitività esasperata è una delle componenti scatenanti fenomeni di “bullismo”. Anche nell’attività sportiva infatti sono molto frequenti fenomeni di violenza, sia verbale che psicologica (e a volte fisica), che colpiscono soprattutto i ragazzi che hanno problemi motori o che, semplicemente, si mostrano insicuri, sensibili o non competitivi sul piano agonistico.


    Comunque la scuola è senza dubbio il luogo in cui il “bullismo” si manifesta con maggiore frequenza, soprattutto durante l'intervallo e nella pausa pranzo, e nel tragitto casa - scuola. L'unico contrassegno che differenzia i due gruppi, cioè i provocatori e le vittime, è la forza fisica: queste ultime sono solitamente più deboli della media dei ragazzi. “Stranamente” ,i tratti estetici, come ad esempio l appartenere ad una razza diversa, giocano un ruolo di gran lunga minore nell'origine di questo fenomeno; con questo voglio intendere che non nasce appositamente per puri motivi razziali, ma che può coinvolgere chiunque.


    La caratteristica più evidente del comportamento da bullo è chiaramente quella di voler dominare gli altri e di mostrare una forte aggressività verso i compagni e, molte volte,anche verso genitori e insegnanti. Vantano spesso la loro superiorità, vera o presunta e si arrabbiano facilmente. Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare idee e pensieri che non corrispondono ai loro. I bulli hanno generalmente un atteggiamento positivo verso l'utilizzo di mezzi violenti per ottenere i propri scopi e mostrano una buona considerazione di se stessi. Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l'aumentare dell'età e, parallelamente a questa, si manifesta un atteggiamento negativo verso la scuola. All'interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli passivi, ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano attivamente agli episodi di bullismo. È frequente che questi ragazzi provengano da condizioni familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe provocare un certo grado di ostilità verso l'ambiente. Questo fatto spiegherebbe in parte la soddisfazione di vedere soffrire i loro compagni.


    Le vittime sono solitamente più ansiose ed insicure, spesso caute, sensibili e calme. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. Talvolta soffrono anche di scarsa autostima ed hanno un'opinione negativa di sé e della propria situazione. Le vittime sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori. Solitamente le vittime vivono a scuola nella condizione di solitudine e di abbandono. Manifestano particolari preoccupazioni riguardo al proprio corpo: hanno paura di farsi male, sono incapaci nelle attività di gioco o sportive, sono abitualmente non aggressivi e non prendono in giro i compagni, ma hanno difficoltà ad affermare se stessi nel gruppo dei coetanei. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l'insicurezza, l'incapacità, l'impossibilità o difficoltà di reagire di fronte agli insulti ricevuti; le ripetute aggressioni non fanno altro che peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie capacità. Esiste tuttavia un altro gruppo di vittime: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiose e aggressive. Le vittime presentano sin dall'infanzia un atteggiamento prudente e una forte sensibilità.




    Il 5 novembre scorso un ragazzo con handicap veniva umiliato e picchiato da alcuni compagni di scuola. Quando ho sentito questa notizia al telegiornale sono rimasto agghiacciato nell'apprendere che un'insegnante, cioè un adulto significativo e con funzioni educative, restava indifferente ai maltrattamenti subiti dal ragazzo come se il fatto non lo riguardasse minimamente.
    Mi chiedo quante volte, prima dell'accaduto, la stessa insegnante abbia trattato quel ragazzo come una "cosa", ignorandone le richieste e minimizzando il suo diritto di essere umano.
    E allora non sorprende che ragazzi poco più che adolescenti non riconoscano l'umanità di quel ragazzo, non si identifichino con lui e non trovino fattibile la sintonizzazione emotiva. La violenza è solo conseguenza, quasi automatica, di tutto questo. Questo per quanto riguarda questa situazione in particolare, ma per generalizzare il discorso è inconcepibile che un adulto, assistendo al manifestarsi di questo evento rimanga impassibile e permetta questo scempio. Perciò, senza togliere nessuna colpa ai realizzatori di queste “molestie”, in quanto hanno fatto una cosa deplorevole, io darei la colpa, pari a quella dei “molestatori”, alle persone, ancor più grave se adulte, che assistono senza intervenire per paura di compromettersi, in quanto danno segno di sottomissione e di essere succubi di essi.




  11. .

    Dimostrazione del Teorema di Talete



    Dimostrazione_teorema_di_Talete



    <h2>

    Dimostrazione Teorema di Talete - SPiegazione del Teorema di Talete



    Uno dei più importanti teoremi della materia è senza alcun dubbio il Teorema di Talete.

    Enunciato
    Un fascio di rette parallele secante due trasversali determina su di esse classi di segmenti direttamente proporzionali.

    02.png?w=394&h=292



    Ipotesi Teorema di Talete


    latex.php?latex={t_1+%5Cparallel+t_2+%5Cparallel+t_3}&bg=ffffff&fg=000000&s=1

    Tesi Teorema di Talete


    latex.php?latex={%5Cdisplaystyle{%5Cfrac{AC}{BD}}+%3D+{%5Cfrac{CE}{DF}}+%3D+{%5Cfrac{AE}{BF}}}&bg=ffffff&fg=000000&s=1

    Dimostrazione Teorema di Talete


    03.png?w=411&h=333

    Dato un triangolo ABC, tagliato da un segmento DE parallelo a BC.

    Si congiungano D con C ed E con B, ottenendo due triangoli BDE e CDE.

    Tali triangoli sono equivalenti, in quanto hanno la stessa base e stessa altezza (tale altezza sarebbe la distanza tra DE e BC).
    Quindi possiamo tranquillamente scrivere:
    latex.php?latex={A_{BDE}+%3A+A_{ADE}+%3D+A_{CDE}+%3A+A_{ADE}}&bg=ffffff&fg=000000&s=1

    Ma, avendo CDE e ADE la stessa altezza (col piede sul lato AC), si può dedurre che il rapporto tra le aree è uguale al rapporto delle basi:

    latex.php?latex={A_{BDE}+%3A+A_{ADE}+%3D+BD+%3A+DA}&bg=ffffff&fg=000000&s=1

    Per la stessa ragione:

    latex.php?latex={A_{CDE}+%3A+A_{ADE}+%3D+CE+%3A+AE}&bg=ffffff&fg=000000&s=1

    Unendo le ultime due proporzioni possiamo così ottenere che:

    latex.php?latex={%5Cboxed+{BD%3A+AD+%3D+CE+%3A+AE}}&bg=ffffff&fg=000000&s=1

    Il primo a dimostrare il teorema di Talete in questo modo fu Euclide nel IV secolo a.C.

    fonte: msgeometria.wordpress.com
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    Esercizi sui Vettori matematica fisica - Esercizi vettori calcoli vettoriali



    250px-Vettoremapam

    In matematica un vettore è un elemento di uno spazio vettoriale. I vettori sono quindi oggetti che possono essere sommati fra loro e moltiplicati per dei numeri, detti scalari.
    L'esempio classico di vettore è costituito da una ennupla di numeri. Se lo spazio vettoriale ha dimensione finita, ogni vettore può essere infatti descritto in questo modo, dopo aver fissato una base dello spazio.

    Esercizi sui vettori



    Esercizi + spiegazione + soluzioni + testo vettori calcoli vettoriali ecc link pdf
    Esercizi su spazi vettoriali, sottospazi, indipendenza lineare, generatori, basi: pdf
    Appunti ed esercizi sui vettori e calcoli vettoriali matematica fisica by studenti.it: pagina web(bisogna essere registrati)
    Teoria dei vettori con spiegazione liceo scientifico pdf

    Appunti sui vettori da wikipedia



    Vettori in matematica e fisica [modifica]

    Vettori nello spazio euclideo [modifica]


    Il vettore OA è il vettore che parte in (0,0) e arriva in (2,3)
    Il piano cartesiano è un esempio fondamentale di spazio vettoriale: un vettore è un punto del piano, determinato da una coppia di numeri reali (x, y). Disegnando una freccia che parte nell'origine (0, 0) e arriva in (x, y), si ottiene il significato fisico di vettore applicato nell'origine. La nozione matematica di vettore corrisponde totalmente alla nozione fisica di vettore applicato nell'origine; questi oggetti infatti si sommano e vengono moltiplicati per scalari allo stesso modo in entrambi i contesti: la regola del parallelogramma usata in fisica corrisponde ad esempio alla somma termine a termine descritta più sotto.
    Analogamente, nello spazio tridimensionale un vettore è una terna di numeri reali (x, y, z). Questa nozione si estende naturalmente in dimensione n arbitraria, tramite la definizione dello spazio euclideo

    Questo è uno spazio vettoriale di dimensione n, i cui elementi sono ennuple di numeri reali: ogni ennupla

    è quindi un vettore in questo contesto. In particolare, è il piano cartesiano e lo spazio tridimensionale (dotato di un sistema di coordinate cartesiano).
    Altri spazi vettoriali [modifica]
    Si può inoltre sostituire il campo dei numeri reali con un altro campo qualsiasi K, ad esempio il campo dei numeri complessi. Una ennupla di numeri complessi è quindi un vettore dello spazio .
    Gli esempi appena descritti sono fondamentali: ogni spazio vettoriale V di dimensione finita è in effetti identificabile con Kn, dopo aver fissato una opportuna base che permette di descrivere ogni vettore tramite le sue coordinate.
    Anche in molti spazi vettoriali di dimensione infinita un vettore può essere descritto come una stringa (infinita) di numeri: questo argomento necessita però di strumenti più sofisticati, quali ad esempio la struttura di spazio di Hilbert.
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    Tema sugli Indignatos



    indignatos




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    Ecco vari Temi sugli Indignatos. Se ti siamo stati d'aiuto diventa Fan della Nostra pagina e condividici su Facebook. E' un piccolo gesto che ci sarà di grande aiuto.




    Qui ci sono vari articoli con i quali poter elaborare un tema o una relazione sugli Indignatos

    Temi sulle manifestazioni degli indignati





    Cosa vuol dire Indignatos e chi sono gli Indignados?

    yahoo answers Marco
    Con "Indignatos" si vogliono indicare le persone "indignate", coloro che protestano pacificamente contro la crisi economica e i licenziamenti che colpiscono il nostro paese.
    Le proteste sono iniziate prima negli Stati Uniti, Spagna (Grecia se nn sbaglio) fino ad arrivare anche in Italia, perchè la situazione economica si fa sempre più grave.

    La manifestazione di Roma doveva essere una cosa TOTALMENTE pacifica; ma come ultimamente succede arrivano i "Black Block" che sono semplicemente dei teppisti delinquenti che approfittano della situazione per creare disordini e per sfogarsi..
    Di conseguenza questi black block (che non si sa esattamente da dove vengano e chi siano), di certo però sono criminali, rovinano le manifestazioni intromettendosi; era già successo anche a Genova e in altre manifestazioni.




    Non sono gli "indinados" che hanno scatenato il casino, ma dei bastardi chiamati Black Block che hanno approfittato di questa manifestazione che sarebbe stata pacifica per scatenare la loro rabbia, la loro violenza cieca e il loro odio per la società in genere. Questi rifiuti umani dovrebbero essere ELIMINATI fisicamente dal contesto sociale insieme a quei cretini dei Centri Sociali che solidarizzano con loro.










    Movimento degli Indignados

    wikipedia

    Il Movimiento 15-M[1], noto anche come movimento degli indignados (pronuncia spagnola [indiɣˈnaðos]), è un movimento sociale di cittadini che ha dato vita ad una larga mobilitazione di protesta pacifica dal basso contro il governo spagnolo di fronte alla grave situazione economica in cui versa il Paese. Le proteste sono iniziate il 15 maggio 2011 in occasione delle elezioni amministrative.
    L'obiettivo del movimento è promuovere una democrazia più partecipativa, superando il dualismo Partito Socialista Operaio Spagnolo – Partito Popolare che dagli anni '80 caratterizza la politica spagnola.
    Il movimento è composto da cittadini in generale, disoccupati, mileuristas, casalinghe, immigrati, uniti dallo slogan: Noi non siamo marionette nelle mani di politici e banchieri. [2] È stato ispirato in particolare dalle proteste nel Nordafrica e nel Medio Oriente[senza fonte] ed è stato essenzialmente pacifico e privo di interferenze politiche. Le proteste degli indignados hanno poi ispirato analoghe proteste in varie nazioni europee, tra cui l'Italia. Il movimento ha protestato anche durante la Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi a Madrid.
    A 5 mesi di distanza, il 15 ottobre 2011, nel nome comune degli Indignados, decine di proteste hanno scosso il mondo intero, interessando gran parte delle capitali occidentali e molti centri asiatici, quali Tokyo, Sydney o Hong Kong. Si pensa che l'ispiratore di questo movimento sia Stéphane Hessel, soldato della resistenza francese durante la seconda guerra mondiale, che pubblicò un libro dal titolo "indignez-vous", "indignatevi".



    Gli indignados d'Italia

    giornalettismo.com
    13 ottobre 2011 Sulla scia di Occupy Wall Street anche a casa nostra si manifesta contro l’alta finanza
    In America li chiamano Indignados. Da noi Indignati. Sono i movimentisti che protestano contro le banche accusandole di essere responsabili della crisi mondiale, la più grande dalla grande depressione del ’29.

    USA-ITALIA – Negli States, al grido di Occupy Wall Street, da settimane presidiano il simbolo della finanza a stelle e strisce. Oggi in Italia, i manifestanti di casa nostra hanno dato vita al primo corteo di risonanza nazionale. Anche qui, come oltreoceano ci sono stati momenti di tensione tra indignati e forze dell’ordine. A via Palermo, per la precisione, nei pressi di via Nazionale, dove era cominciato il loro corteo spontaneo. I manifestanti hanno cercato di aggirare il blocco delle forze dell’ordine entrando in contatto con gli scudi del cordone di polizia. Il corteo era cominciato dalle scale del Palazzo delle Esposizioni, dove erano asserragliati da ieri per protestare contro la crisi finanziaria. Il corteo ha poi trovato via Nazionale sbarrata dalle forze dell’ordine in entrambe le direzioni.


    ROMA - Il movimento ha creato non pochi disagi nella Capitale. Il traffico è andato in tilt in via Nazionale. Sono soprattutto studenti a formare il corteo degli Indignados. Sulla falsa riga del movimento americano provano a colorare la manifestazione con slogan su cartelli e striscioni. Intorno alle 18.30 di oggi una delegazione di loro è partita in corteo sui marciapiedi di via Nazionale portando un lungo telo di stoffa simboleggiante un dragone, che echeggia i “draghi ribelli” che organizzano la protesta. I manifestanti sfilano a volto scoperto e con le mani alzate esponendo scritte come “La borsa o la vita”, “Meno banche più banchi”, “Più piazza meno affari”.

    VENEZIA – Manifestazioni si sono tenute in tutta Italia. E si terranno anche nei prossimi giorni. Gli Indignati giunti a Roma da Venezia hanno concluso la loro manifestazione esponendo su Ponte Rialto lo striscione “Non pagheremo la vostra crisi, il debito lo paghino le banche”. Precedentemente avevano provato ad appenderlo sul portone di entrata della Banca d’Italia in Calle Larga Mazzini, in zona Rialto, tentativo contrastato con azione “di contenimento” da parte delle forze dell’ordine. I manifestanti avevano pure provveduto ad attaccare ai muri piccoli fogli con la caricatura di Draghi, azione che ha generato una certa tensione. Il transito nella calle è rimasto bloccato a lungo. Alle dimostrazioni non sono rimasti certamente indifferenti cittadini e turisti, tra recriminazioni e applausi.

    I CENTRI SOCIALI – “La protesta in questo momento è molto sentita dalla gente, che vive la crisi sulla propria pelle – ha dichiarato il portavoce dei Centri sociali Michele Valentini – in un momento in cui la crisi morde le persone che non arrivano a fine mese, e queste non possono piu’ mandare i figli all’università e fanno fatica a pagare i costi di una vita normale, queste iniziative generano solidarietà”. La manifestazione, ha precisato, è stata organizzata “attraverso Facebook, il che dimostra una grande vitalità e la voglia di democrazia”.

    NAPOLI - Anche a Napoli il movimento si è dato da fare. I Draghi ribelli partenopei hanno dato vita a nuovi blitz nella città campana. Punto di partenza la sede di Bankitalia, con azioni eclatanti come la scalata con uno striscione al Maschio Angioino e l’occupazione dell’Agenzia delle Entrate. A Napoli una mobilitazione permanente avverte “Atenei in rivolta”, in vista della giornata degli indignati del 15 ottobre Roma ed in altre città europee. Sono oltre 20 i pullman che le diverse reti del movimento degli indignati napoletani hanno organizzato alla volta della capitale.


    L’APPUNTAMENTO DEL 15 - Dopo le azioni di ieri, con l’occupazione della Bnl e la spaghettata “indignata” davanti a Bankitalia, stamattina l’appuntamento è stato nuovamente davanti alla sede di via Cervantes 71, dove i Draghi Ribelli napoletani stazionano da due giorni, come punto di partenza dei propri blitz. Intorno alle 13 un gruppo si è staccato per calare dal torrione del Maschio Angioino, che si affaccia in Piazza municipio, un’enorme striscione di otto metri per quattro, con l’invito “Il 15 ottobre tutti/e a Roma”. (Agenzie)









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    A Zacinto Ugo Foscolo



    Parafrasi, Commento, Analisi A Zacinto Ugo Foscolo



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    A Zacinto - Ugo Foscolo



    Ugo Foscolo, A Zacinto
    in I sonetti
    Sepolcri-Sonetti
    cur. Luise M. C.
    Bonacci, 1995
    Classici italiani per stranieri,
    52 p; Euro 5,20


    A ZACINTO

    Né più mai toccherò le sacre sponde
    ove il mio corpo fanciulletto giacque,
    Zacinto mia, che te specchi nell'onde
    del greco mar da cui vergine nacque

    Venere, e fea quelle isole feconde
    col suo primo sorriso, onde non tacque
    le tue limpide nubi e le tue fronde
    l'inclito verso di colui che l'acque

    cantò fatali, ed il diverso esiglio
    per cui bello di fama e di sventura
    baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

    Tu non altro che il canto avrai del figlio,
    o materna mia terra; a noi prescrisse
    il fato illacrimata sepoltura.

    A Zacinto Ugo Foscolo Analisi del Testo Generale



    A Zacinto, il nono dei sonetti di Ugo Foscolo, presenta numerose affinità con In morte del fratello Giovanni, che occupa la decima posizione. I due componimenti presentano temi affini, un linguaggio poetico corrispondente, e sono stati entrambi composti in un periodo circoscritto. Il decimo è stato scritto successivamente e completa il nono.


    Se il nono sonetto guarda al passato, il decimo guarda al futuro; se il motivo ispiratore del nono sonetto è la condizione esistenziale di esule del Foscolo e il presagio di avere una tomba senza pianto, il decimo sonetto, ispirato dal suicidio del fratello, constatata la disperazione del tempo presente e conferma i dubbi sul futuro e cioè di morire in terra straniera.

    Foscolo fu buon profeta del proprio destino: morì a Londra e solo grazie alla generosità degli inglesi, le sue ossa nel 1871 sono state rese all'Italia e traslate a Firenze, dove riposano nella chiesa di Santa Croce.

    Il tema del sonetto verte sulla precarietà della condizione di esule e sul sentimento nostalgico nei confronti di una piccola isola del mar Ionio, molto amata, dove il poeta è nato. Il nocciolo della poesia è l'amore per la patria, lontana e irraggiungibile. E la triplice negazione iniziale esprime per l'appunto la convinzione del poeta di non poter farvi più ritorno. Ripensando alla fanciullezza il poeta ricorda le bellezze del clima e della vegetazione dell'isola, creata dalla dea Venere – nata dalle acque del mare – che lei rese fertile con il suo primo sorriso; e il sublime poema di Omero non poté tacerne il limpido cielo e la vegetazione e narrò le acque fatali e il diverso destino di Ulisse il quale, esule anch'egli, ricco di fama e di sventura, riuscì a ritornare ad Itaca. Tu, o materna mia terra, conclude il Foscolo, non avrai che questa poesia da tuo figlio, perché il Fato ha prescritto a me una tomba senza pianto.

    La poesia procede senza soluzione di continuità in un crescendo di tensione che toglie il respiro. L'ultima terzina riprende e chiude il tema iniziale.

    Il motivo della disperazione del poeta è la condizione dell'esule che lancia il suo grido di dolore contro il fato avverso. Ma il Foscolo sviluppa questo messaggio in un crescendo di confronti tra sé e Omero e tra sé e Ulisse. Il Foscolo canta le proprie sventure, mentre Omero celebrò i viaggi di Ulisse, che potè a ritornare a baciare la «petrosa Itaca», mentre a lui non riuscirà di ritornare nella sua piccola isola. Ma come la poesia di Omero ha reso immortale Ulisse e Itaca, così la poesia di Foscolo ha una possibilità di perpetuare la fama di Zacinto e il ricordo del poeta che la canta.

    Il fato avverso lo costringe a peregrinazioni senza sosta e il poeta sente che e stata stabilita per lui una sepoltura solitaria.

    La composizione è perfetta, a rima ABAB ABAB CDE CED, ricca di allitterazioni consonantiche come la c- l - f - e suoni vocalici come la e - i - o.

    Marcello Pagnani nel suo studio approfondito ha messo in luce la centralità dell'idea di maternità, laddove Zacinto viene vista come madre, e dell'idea di acqua marina come generatrice della dea Venere ed elemento sul quale navigò Ulisse. Il tema di maternità verrà ripresa in modo diretto nel sonetto “gemello” In morte del Fratello Giovanni.

    Il lessico della poesia è altamente letterario, aulico, pregiato, selezionato e connotativo. La poesia ha un lungo periodo ipotattico che abbraccia le due quartine e la prima terzina. L'ultima terzina ha due periodo paratattici, ma il secondo è in effetti una subordinata causale, introdotta dal punto e virgola. Il primo periodo sintattico ha un andamento sinuoso e veloce, come le acque di un fiume che scorre tra le anse sempre più veloce, fino ad arrivare alla cascata finale, e di nuovo nel letto piatto lentamente il fiume riprende la sua corsa. Così in questo sonetto dopo l'incipit si susseguono sei relative, una dopo l'altra, in un crescendo di immagini nuove e creative fino all'ultima che descrive Ulisse nel suo drammatico viaggio. Il sonetto nella sua ultima terzina riprende il percorso, lentamente, per finire il senso drammatico espresso nei primi due versi.

    «Il discorso lirico del poeta, con la sua libera associazione di immagini, vìola i modelli tradizionali (che stabilivano una certa corrispondenza tra gli aspetti prosodici e il discorso sintattico) e, deludendo l'orizzonte d'attesa del lettore, conferisce una particolare intensità significativa al componimento» (C. Salinari e C. Ricci p. 2115). «Un'altra caratteristica del sonetto, destinata a creare un senso di attesa e di sospensione nel lettore, è costituita dalle costanti dilazioni, cioè dalla posizione dell'oggetto delle apostrofi, rivolte all'isola animisticamente invocata e dei soggetti grammaticali» (ibidem p. 2116).

    Le figure retoriche donano al sonetto purezza formale e una perfezione stilistica e, insieme ai riferimenti alla cultura classica, una forma neoclassica all'interno della quale si materializzano i tumultuosi pensieri dell'autore.

    «Nel Foscolo il sentimento individuale, la passione, l'effusione della propria intimità sono sempre temperati, filtrati dal confronto con la cultura neoclassica, con quel mondo dei miti sui quali il poeta aveva formato la sua esperienza artistica» (M Dardano e C. Giovarnardi, I testi, le forme, la storia, p.84).

    Due sineddoche, una perifrasi, un iperbato, un'apostrofe, una litote, enjambements, il neologismo «illacrimata»: la composizione è caratterizzata da un altissimo e raffinatissimo linguaggio poetico.

    Scritto dal Foscolo tra il 1802 e il 1803, il sonetto costituisce una perfetta sintesi della dominante tradizione neoclassica e degli innovativi orientamenti romantici dell'autore. Richiama il mondo della Grecia arcaica e manifesta i sentimenti tipici delle tendenze dello Sturm und Drang: l'amor di Patria, l'ossessione della morte, la precarietà del tempo, la Poesia, che celebra eroismo e sventura... La vita è avversa e va affrontata secondo una concezione materialistica che esclude un possibile rifugio nella religione. Tra le due componenti è l'anima romantica a prevalere.

    Il sonetto A Zacinto è un piccolo gioiello della letteratura italiana, in anticipo su quello che sarà quel grande e raffinato capolavoro che è il carme Dei sepolcri

    fonte: italialibri.net



    <h3>A Zacinto Parafrasi




    Io non potrò mai piu’ toccare le sacre sponde dove il mio corpo da piccolo giacque; o Zante mia, che ti rispecchi nelle onde del mare greco dal quale nacque la dea vergine Venere, e rese feconde quelle isole attraverso il suo primo sorriso, motivo per cui l’ alta poesia di Omero non potè non parlare del tuo limpido cielo, e delle avventure di Ulisse per il mare governato dal fato e l’ esilio di colui, bello per la fama e per la disgrazia, che è arrivato alla fine a baciare la sua Itaca piena di pietre. Tu Zacinto non avrai altro che la poesia del tuo figlio, a noi il destino ha ordinato una sepoltura senza lacrime.

    Schema e Struttura A Zacinto



    La descrizione della poesia e’ circolare: si parte da Zante per passare al mare Ionio, a Venere, alle isole, ai poemi omerici, a Omero, a Ulisse e Itaca ed infine ancora a Zante.

    Temi A Zacinto - Tematiche della poesia - sonetto




    Temi Romantici:

    Patriottismo, eroe romantico in esilio

    Temi Neoclassici:

    Presenza di Grecismi e Latinismi (Zacinto), figure mitologiche ( Venere), e Omero

    Figure Retoriche A ZAcinto



    Perifrasi = V 2 “dove…giacque”

    Sineddoche = V 7: “nubi”

    Litote = V 6: “non tacque”

    Antitesi = V 11: “baciò-petrosa”

    Intreccio Romantico e Neoclassico in A Zacinto di Foscolo



    Il tema romantico si intreccia con quello neoclassico quando Foscolo richiama l’ attenzione sul personaggio mitologico di Ulisse, sottolineando in particolar modo la patria ed il fatto che, anche lui come Ulisse, era in esilio. Comunque la figura mitologica (neoclassica) in questo caso, coincide con l’ eroe romantico.

    Identificazione del Poeta nel sonetto A Zacinto



    Il poeta si rivede in parte nella figura mitologica di Ulisse, perchè Ulisse ha potuto ritornare nella sua patria Itaca, mentre Foscolo è destinato a restare lontano da Zante anche dopo la sua morte.

    Commento A Zacinto


    (studenti.it)


    In questo sonetto “A Zacinto” scritto da Ugo Foscolo, nel 1798, il poeta ripensa con molta nostalgia a Zante, la terra che lo ha visto nascere e maturare la sua fanciullezza.
    La lirica è formata da quattro strofe e quattordici versetti qui troviamo rime alternate enjambement e allitterazione.
    Il Foscolo inizia col dire che sulle rive di Zante c’era stato da fanciullo e guardando il suo mare, la sua nostalgia lo porta a pensare agli antichi miti.
    Dice che da quel mare era nata Venere, la dea della bellezza e dell’amore; ella con il suo sorriso divino aveva reso fertile quella terra.
    Quella nubi luminosi e trasparenti fecero pensare a Foscolo ai racconti di Omero, il cui verso famoso aveva cantato il fatale viaggio per mare, di Ulisse.
    In fine il poeta conclude che egli non potrà tornare sulla sua terra come accadde per Ulisse, perché il destino gli ha riservato una morte in terre straniere, dove nessuna persona cara potrà andare a versare le loro lacrime.




    Analisi Completa Commento e Relazione A Zacinto



    Componimento composto tra l’Agosto del 1802 e l’Aprile del 1803, il Tema della poesia è rappresentato dal doloroso esilio, dalla lontananza della terra d’origine: Ugo Foscolo è nato a Zante, un’isola del mar Ionio.
    L’Incipit è molto forte, in fatti ci sono tre monosillabici accentati( il ne = negazione forte, in contrapposizione al non = negazione più leggera) che servono a ribadire che l’esilio è destinato a durare.
    La Struttura del sonetto si articola in due parti: la Prima è rappresentata dalle due quartine iniziali e dalla prima terzina (vv. 1-11), nelle quali viene espressa la nostalgia per il distacco dalla terra d’origine; la seconda parte è costituita dall’ultima terzina (vv. 12-14) in cui sono riportate le amare riflessioni del poeta sul suo infausto destino.
    A Differenza di Ulisse, l’eroe dell’Odissea che dopo mille peripezie riuscì a ritornare in patria, foscolo deve arrendersi al suo destino: non rivedrà più la terra natia e sarà costretto a morire lontano da casa, senza il conforto dei suoi cari, che almeno avrebbe significato il mantenimento del legame affettivo.
    Si tratta quindi di un sonetto, formato da quattro Strofe ( due quartine e due terzine) di endecasillabi in rima secondo lo schema ABAB, ABAB, CDE,CED .

    La poesia presenta tempi verbali, nell’ordine, al futuro, al passato, al presente, ancora al passato, infine al futuro, sebbene, in quest’ultimo caso, con ulteriore richiamo al passato. Ad accomunare due tempi al futuro (né più mai toccherò le sacre sponde”, v. 1; “tu non altro che il canto avrai del figlio / o materna mia terra”, v. v. 12-13) e la certezza del poeta, indotta dal pessimismo di non fare più ritorno alla sua terra. L’unico tempo al passato è al v. 3 (“Zacinto mia, che te specchi nell’onde”) che contiene la constatazione di una caratteristica geografica, cioè l’isola del poeta che si specchia nelle acque del mar Ionio. Nettamente prevalente nella poesia è il tempo passato, in relazione sia alla nascita di Venere “dal greco mar” sia alla poesia di Omero che canto il paesaggio di Zacinto ed il “diverso” esilio del suo eroe Ulisse. Il tempo al passato (“prescrisse”) con cui si conclude la poesia, allude tuttavia a qualcosa in cui gli effetti si trascineranno nel futuro, cioè la sepoltura in terra straniera senza il conforto delle persone care.

    Notiamo anche i bipolarismi:
    Vita(Positività) – Morte(Negatività)
    Realtà(Sofferenza) – Mito(Serenità)
    Eroe Classico(Ritorno in Patria)- Eroe Romantico(Foscolo)
    Ed anche l’Esilio di Ulisse: voluto dagli Dei in contrapposizione con quello del Foscolo che è stato volontario.

    Un aspetto molto importante sono le parole con cui terminano le prime due quartine, le quali contengono tutte in modo alternato le parole: Onde e Acque, la prima di questa sta a significare che la Stessa Venere nacque dalle Onde del Greco Mar, e la seconda indica che l’Esilio è causato dalle “Acque” che lo separano da Zante.

    Infine L’espressione in cui compare L’aggettivo “Illacrimata” coniato dal poeta, vuole significare la tristezza di una sepoltura in terra straniera, che resta estranea a qualsiasi affetto e sentimento del poeta, senza il conforto dei propri cari.

    Analisi del testo A ZAcinto livello fonico morfosintattico, figure retoriche, stile e lingua, parole chiave



    ANALISI DEL TESTO
    ANALISI DELLA POESIA A ZACINTO

    A livello metrico - ritmico il sonetto si presenta contraddistinto da forti cesure sintattiche (ribadite dalla punteggiatura) e da numerosi enjambements (spezzature): tali elementi sembrano conferire il senso del lento snodarsi e approfondirsi di una meditazione più complessa, attraverso la quale il poeta giunge a definire il significato della propria vita.

    A livello fonico si evidenzia la serie delle rime in –ONDE e –ACQUE, che, comunicando la sensazione del cullarsi nell’acqua e nel vento, contribuisce all’effetto di rifrazione dovuto allo specchiarsi di Zacinto nelle onde del Mare e al suo svanire in un gioco di riflessi e suggestioni (Venere che nasce dal mare, Omero, Ulisse). Degna di nota è l’allitteranzione delle lettere C, I e L dei versi 8-9: L’InCLIto verso dI CoLuI Che L’aCque Cantò fataLI; l’effetto creato è quello di una pura e dolce melodia che, riferita alla poesia di Omero, ne esalta la fluida freschezza.

    A livello morfosintattico (strutturazione dei periodi, combinazione delle parole, uso di elementi di diversi registri linguistici) si può osservare che la congiunzione né (e non) posta all’inizio sembra segnare il momento conclusivo di un’intima meditazione, che si snoda secondo uno stringente e complesso ordine sequenziale (ove… che… da cui… che… per cui…).

    Tra le figure retoriche di significato si distingue la grande metafora della terra – madre, che diventa mito (ossia un fatto esemplare idealizzato): è il mito della Grecia classica, incarnazione di un ideale di bellezza, di piena e totale armonia. E nel mito classico c’è il grande mito di Omero, della poesia cioè che rende perenni l’eroismo e i valori più alti.

    L’evidenziazione delle parole – chiave consente alcune considerazioni. Per evidenziare tali parole ci si può attenere al criterio della frequenza e a quello delle relazioni già istituite dal poeta, attraverso il gioco delle rime ad esempio. Applicando tale criterio, si distinguono le seguenti parole:

    Zacinto mia/ materna mia terra
    cantò/ canto del figlio
    l’acque fatali/ a noi prescrisse il fato

    degne di nota le parole esIGLIO/fIGLIO e svenTURA/sepolTURA (illacrimata), legate dalla rima evidenziata.

    L’appartenenza del figlio alla terra madre, la grande poesia che immortala l’eroismo, l’esilio “fatale”, voluto cioè dal destino (avverso), unitamente alla “sventura” di una sepoltura in terra straniera (illacrimata): sembrano questi i temi fondamentali della poesia.
    L’esilio appare una condanna irrevocabile: è il decadere da una originaria pienezza di vita, sintetizzabile nella formula Natura – Amore – Bellezza (il mito di Venere fecondatrice). Questa triade si collega attraverso Omero e Ulissa a un’altra, che si potrebbe definire Amore – Poesia – Eroismo: Omero celebra Zacinto per la sua bellezza e, insieme, celebra Ulisse, il cui eroismo è espressione anch’esso di una vita protesa verso un ideale di armonia. Ulisse è bello per la gloria che gli viene dall’aver affrontato eroicamente un destino di sventura e di sofferenza (morale eroica). Da questa stessa sventura nasce il canto del figlio, ossia la poesia di U. Foscolo: la gloria di poeta (la fama) è “pagata” con la sventura dell’esilio e dalla sepoltura illacrimata. E’ fin troppo evidente che Ulisse e Omero sono simboli di due grandi ideali che Foscolo pretende di incarnare: quello della vita eroica e quello della grande poesia dispensatrice di fama e “immortalità”.
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    Area Triangolo Rettangolo



    AREA+TRIANGOLO+RETTANGOLO+FORMULE+INVERSE+2




    Come si trova l'area del triangolo rettangolo? Come si calcola l'area del triangolo rettangolo? Formule inverse area triangolo rettangolo



    Area del Triangolo Rettangolo Cateto per Cateto diviso 2



    L'Area del triangolo rettangolo è uguale, come in tutti i triangoli, al prodotto delle basi per l'altezza. In un triangolo rettangolo tuttavia, per via delle sue particolari proprietà, possiamo dire che l'area di un triangolo rettangolo si calcolare facendo cateto per cateto diviso due
    Se il triangolo è isoscele potete fare anche cateto alla seconda diviso due perchè i due cateti saranno uguali

    Formule inverse Area del triangolo



    Per trovare un Cateto bisognerà fare Area per due diviso l'altro cateto. Quindi Cateto1= Area*2 diviso Cateto2 e viceversa
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