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    Riassunto I Malavoglia IMalavoglia Verga Riassunto Capitolo per Capitolo|Riassunti Malavoglia




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    Su Versioni.tk trovi i Riassunti dei Malavoglia, oltre all'Analisi del Testo di I Malavoglia di Giuseppe Verga e il Commento del Libro.



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    I Malavoglia è il titolo del romanzo più conosciuto dello scrittore siciliano Giovanni Verga, pubblicato a Milano dall'editore Treves nel 1881.

    Riassunto I Malavoglia - Analisi del Testo I Malavoglia - Commento I Malavoglia Giuseppe Verga Capitolo per Capitolo



    CITAZIONE
    Il romanzo narra la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. Il romanzo ha un'impostazione corale, e rappresenta personaggi uniti dalla stessa cultura ma divisi dalle loro diverse scelte di vita, soverchiate comunque da un destino ineluttabile.
    Lo scrittore adotta la tecnica dell'impersonalità, riproducendo alcune caratteristiche del dialetto e adattandosi quanto più possibile al punto di vista dei differenti personaggi, rinunciando così all'abituale mediazione del narratore.
    L'opera va inserita nel Ciclo dei vinti, insieme a Mastro-don Gesualdo e a La Duchessa de Leyra, opere che affrontano il tema del progresso, visto dal punto di vista degli "sconfitti" di ogni strato sociale. La Duchessa de Leyra rimase solo abbozzato, mentre altri due romanzi previsti nel Ciclo (L'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso) non vennero neppure iniziati.

    I MALAVOGLIA DI GIOVANNI VERGA

    Il romanzo narra le vicende della famiglia Toscano, detta i Malavoglia, che abita il piccolo paese di Acitrezza da diverse generazioni. Il nucleo familiare di tipo patriarcale è composto, prima dal nonno, Padron ‘Ntoni, poi dal figlio Bastianazzo e dalla moglie Maruzza, detta la Longa ed infine dai nipoti: ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Le uniche ricchezze della famiglia sono, la “casa del nespolo” , da loro abitata, e la barca chiamata “Provvidenza”, unica fonte di reddito. Le disgrazie dei Malavoglia, cominciano con la partenza alle armi di ‘Ntoni, che determina la mancanza di due forti braccia per il lavoro della “Provvidenza” . Per colmare le difficoltà economiche, Padron ‘Ntoni si convince ad acquistare a credito un carico di lupini che, mediante la Provvidenza, deve far giungere a Riposto. Ma, a causa di una violenta tempesta, la Provvidenza naufraga, va perduto il carico di lupini e con esso anche la vita di Bastianazzo. La famiglia Malavoglia è sconvolta dal dolore, ma non si rassegna e per far fronte al debito dei lupini decide di lavorare per Padron Cipolla. Dopo il rientro di ‘Ntoni, questa volta è Luca a intraprendere il servizio di leva, ma con risvolti tragici, poiché morirà nella battaglia di Lissa. La famiglia è di nuovo in ginocchio , anche perché gli viene sottratta a causa dei debiti la casa del nespolo e per porre rimedio alle precarie condizioni economiche, è costretta a vendere la barca, da poco pronta per il mare. Nonostante il dolore enorme di Padron ‘Ntoni, è ‘Ntoni ad incrementarlo ancora di più. Egli, infatti, mira a ben altra vita da quella che per lui, invece, riserva la tradizione di famiglia. Ma le sue ambizioni vengono presto vanificate , poiché frequentando cattive compagnie si da al contrabbando e finisce in galera ed in più sua madre, Maruzza la Longa, muore di colera. Ma le disgrazie dei Malavoglia non sono ancora giunte al termine, infatti Lia, travolta da uno scandalo, fugge di casa e finisce col diventare una prostituta. Anche Mena a causa delle vicende familiari è costretta a rinunciare al matrimonio con l’amato “compare” Alfio. Infine l’agonia della famiglia Trizzota termina con la morte per malattia di Padron ‘Ntoni. Sarà Alessi a riscattare la casa del nespolo, gesto che non servirà a nulla poiché la famiglia Malavoglia è ormai distrutta.

    Riassunto a cura di Luca Valastro
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    Dimostrazione del Teorema di Bolzano (Teorema degli Zeri) | Teorema di Bolzano Dimostrazione



    In analisi matematica il teorema di Bolzano, detto anche teorema degli zeri per le funzioni continue, assicura l'esistenza di almeno una radice delle funzioni continue reali che assumano segni opposti ai due estremi di un intervallo.

    L'idea è quella di costruire una successione reale convergente ad un punto che si verifichi essere proprio lo zero della funzione data. Si ponga a0 = a, b0 = b. Poi si definisca c0 = (a0 + b0) / 2. Se f(c0) = 0 allora non c'è più niente da dimostrare. Se invece f(c0) > 0 si ponga a1 = a0 e b1 = c0; al contrario, se f(c0) < 0, si ponga a1 = c0 e b1 = b0. Al generico passo k si ponga induttivamente ck = (ak + bk) / 2. Se f(ck) = 0 non c'è più nulla da dimostrare, se f(ck) > 0 si ponga ak + 1 = ak e bk + 1 = ck, se invece f(ck) < 0 si ponga ak + 1 = ck e bk + 1 = bk. Risultano così costruite induttivamente le tre successioni {an}, {bn} e {cn}. Si vede immediatamente che {an} è nondecrescente, {bn} è noncrescente, e nondimeno per ogni n (quindi per il teorema delle successioni monotone e esistono finiti).
    Si nota poi che bn − an = (bn − 1 − an − 1) / 2, e di conseguenza bn − an = (b0 − a0) / 2n.
    Quindi , cioè . Possiamo allora applicare il teorema dei carabinieri e concludere che:

    Sia allora c tale limite comune. La continuità della funzione f ci assicura che . Nondimeno il fatto che [a,b] sia chiuso assicura che . D'altra parte, per costruzione induttiva si ha che f(an) < 0 < f(bn). Quindi possiamo applicare il teorema di conservazione delle disuguaglianze ed affermare:

    Quindi , di conseguenza f(c) = 0. Siccome poi a e b non sono zeri di f, deve essere che , come volevamo. Ovviamente il teorema vale anche nell'ipotesi che f(a) > 0 > f(b), basta applicare il procedimento visto a - f, sicuri del fatto che gli zeri di f sono tutti e soli quelli di - f.
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    Esercizi sulle Equazioni di Secondo Grado Pure



    Esercizi qui

    Equazione pura

    E' l'equazione di secondo grado del tipo:
    ax2 + c = 0
    si ottiene dall'equazione completa ax2 + bx + c = 0 quando manca il termine di primo grado bx
    Per risolverla usiamo le regole gia' viste per le equazioni di primo grado:
    ax2 + c = 0
    per il primo principio di equivalenza trasporto la c dall'altra parte dell'uguale cambiandola di segno
    ax2 = -c
    dovro' lasciare la x senza altri termini quindi applico il secondo principio dividendo entrambe i termini per a
    ax2 -c
    ---- = ----
    a a

    -c
    x2 = ----
    a
    ora siccome cerco la x mentre ho x2 per fare in modo che x2 diventi x dovro' fare la radice ad entrambe i termini
    sono radicali algebrici perche' cerchiamo tutti i valori che elevati al quadrato ci danno il radicando quindi ci va il simbol o ma siccome e' un'uguaglianza basta mettere il simbolo solo davanti ad una delle due radici
    x2 = -c/a
    x = -c/a
    le due soluzioni sono
    x1 = --c/a x2 = +-c/a
    quando faccio -c/a non faccio la radice di un numero negativo (non si potrebbe fare perche' nessun numero reale al quadrato mi da' un numero negativo). il segno meno significa semplicemente cambiare il segno di c/a
    Facciamo un esempio
    3x2 - 12 = 0
    trasporto il -12 dopo l'uguale
    3x2 = + 12
    per il secondo principio divido entrambe i membri per 3 per liberare x2

    3x2 12
    ---- = ----
    3 3

    x2 = 4

    applico la radice ad entrambe i membri

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    x2 = 4

    x = 4
    x1 = -2
    x2 = +2
    e' consuetudine mettere le soluzioni partendo dalla piu' a sinistra sulla retta dei numeri e andando verso destra
    Perche' il nome "pura" dato a questa equazione?
    Sembra derivi dal fatto che gia' la usavano i greci per risolvere il problema: data la superficie di un quadrato trovarne il lato

    CITAZIONE
    esercizi sulle equazioni di secondo grado pure


    Vediamo alcuni esercizi graduati per difficolta'
    Comunque ricorda che questi esercizi possono essere resi difficili quanto si vuole
    risolvere le seguenti equazioni:
    esercizio 1

    2x2 - 18 = 0 soluzione
    esercizio 2

    (2x - 3)2 = x (x-12) + 12 soluzione
    esercizio 3

    (x - 3)(x+3) + 5x = 5 (x- 5) soluzione
    esercizio 4

    10 x - 5 x + 5
    ---- - ------------- = ----------- soluzione
    3 x + 5 x - 5

    esercizio 5

    5 1 1
    -------------- + ------------- = ----------- soluzione
    2x - 2 2x - 3 2x + 2

    esercizio 6

    ax2 = 0 soluzione
    esercizio 7

    x - a x + a
    --------- = 3 + ----------- soluzione
    x + a a - x

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    Tema Svolto L'Amicizia



    Tema Svolto L'Amicizia | Tema sull'Amicizia - Sentimento dell'Amicizia Tema - L'amicizia è




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    Temi sull'Amicizia



    Parlate dei vostri amici mettendo in evidenza l'importanza che essi hanno nella vostra vita e l'influenza che esercitano sulla formazione della vostra personalità.


    L'amicizia è un valore molto importante nella mia vita, infatti non riesco ad immaginare quale immenso, piatto deserto possa essere l'esistenza di un ragazzo della mia età senza amici.
    Molto spesso siamo portati a definire "amici" tutte quelle persone con le quali abbiamo dei rapporti frequenti, con cui scambiamo quattro chiacchiere o usciamo il sabato sera e non ci rendiamo conto che in realtà la maggior parte di costoro sono dei semplici conoscenti, l'amico è ben altro: è colui con il quale possiamo sempre e comunque essere noi stessi, senza veli, senza finzioni, che conosce tutti i nostri pregi ma anche i nostri difetti e nonostante ciò non ci chiede di cambiare; una persona alla quale sentiamo di poter confidare i nostri pensieri, i segreti più intimi, senza timore di essere giudicati; è colui al quale possiamo dare tutta la nostra fiducia sicuri che non ci tradirà mai; all'amico puoi chiedere una mano senza che lui pretenda un tornaconto personale; è chi ti resta vicino non per cosa hai, ma per chi sei; che prova gioia a stare con te, anche se non condivide necessaria-mente tutti i tuoi interessi.
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    Le Nove Muse - Il Poeta Esiodo e Le Nove Muse Versione di Greco: Traduzione



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    Titolo della Versione Il Poeta Esiodo e Le Nove Muse
    Autore: //
    Input: Ai Mousai, Dios kai Mnemosunes corai, en tais ton teon..
    Libro: Versione N.11 Pag ??

    Versione
    SPOILER (click to view)
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    Traduzione
    La traduzione non è ancora disponibile. Se ne sei in possesso inviacela!
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    Romolo e Remo Salvati da una Lupa, Traduzione delle Versione




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    Titolo della Versione Romolo e Remo salvati da una Lupa
    Autore: ??
    Input: Nulla res per triennium nisi ad nutum istius iudicata est
    Libro: Nuovo comprendere e Tradurre

    Un po' di storia: La Leggenda di Romolo e Remo

    Il mito della lupa che allatta i gemelli Romolo e Remo, salvando loro la vita è notissimo. I gemelli sono figli del dio Marte e della vestale Rea Silvia. La donna venne condannata a morte dallo zio Amulio, re di Alba Longa... Continua qui: [+]Il Mito della Lupa


    Versione
    Proca, Albanorum rex, duos filios, Numitorem et Amulium habuit. Is de vita decessurus Numitori, qui maior erat, regnum reliquit; sed Amulius, fratre expulso, regnum occupavit; deinde, ut Numitorem subole privaret, Rheam Silviam, eius filiam, Vestae sacerdotem fecit. Sed deus Mars, amore virginis captus, cum ea se coniunxit et Rhea Romulum Remumque peperit. Tum Amulius Rheam in v*****a coniecit, geminos in alveum imposuit et in Tiberim, qui tunc forte exundaverat, abiecit ut parvuli in flumine mortem invenirent. Sed aqua recedens eos in sicco reliquit. Tum ibi nemo habitabat, quia vastae solitudines erant. Lupa solum, quae ad flumen bibitura descendebat, puerorum vagitus audivit et accurrit; eos lingua lambuit et lactavit ne parvuli frigore fameque perirent.


    Traduzione
    Proca, re degli Albani, ebbe due figli, Numitore e Amulio. Egli sul punto di morire lasciò il regno a Numitore, che era il maggiore; ma Amulio, dopo aver cacciato il fratello, occupò il regno; in seguito, per privare Numitore di discendenti, fece diventare (=rese) Rea Silvia, figlia di Numitore, sacerdotessa di Vesta. Ma il dio Marte, innamoratosi della vergine, si unì a lui (=ebbe rapporti sessuali con lui) e Rea partorì Romolo e Remo. Allora Amulio gettò in carcere Rea, collocò i gemelli in una cesta e li gettò nel Tevere, che allora per caso era straripato, affinché i piccolini trovassero la morte nel fiume. Ma l’acqua, ritirandosi, li lasciò sulla riva. Allora lì nessuno abitava, perché vi erano vasti luoghi deserti. Soltanto una lupa, che era scesa al fiume per bere, udì i vagiti dei bambini e accorse; li leccò con la lingua e li allattò affinché i piccolini non morissero di freddo e di fame.
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    Il Mito della Lupa - Leggenda di Romolo e Remo - Lupa allatta Romolo e Remo - Fondazione Roma



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    CITAZIONE
    Sul Forum è presente una versione riguardante quest'argomento:

    Romolo e Remo Salvati da una Lupa


    Il mito della lupa che allatta i gemelli Romolo e Remo, salvando loro la vita è notissimo. I gemelli sono figli del dio Marte e della vestale Rea Silvia. La donna venne condannata a morte dallo zio Amulio, re di Alba Longa, per non aver rispettato il voto di castità, ma il fiume Aniene, dove venne gettata, ne ebbe pietà e la resuscitò. Anche i neonati erano destinati a morire, ma il servo incaricato di sopprimerli non ebbe coraggio di farlo e li depose in una cesta, affidandoli alle acque del fiume Tevere. La cesta si arenò presso un albero di fico ai piedi del colle Palatino (ficus Ruminalis), dove li notò una lupa scesa per abbeverarsi, che, sentito il pianto dei bambini, cominciò ad allattarli come se fossero suoi cuccioli. Successivamente un pastore di nome Faustolo trovò i bambini e li portò a sua moglie Acca Larenzia per farli crescere insieme alla sua numerosa famiglia.
    La presenza di una lupa di bronzo nella città di Roma è ricordata dagli autori antichi. Tito Livio (Ab Urbe Condita, libro X) parla di “una statua dei gemelli fondatori di Roma sotto le mammelle della lupa, collocata nei pressi del fico Ruminale”, nel Foro Romano, presso il Comizio. Cicerone racconta, inoltre, che nel 65 a.C. “in Campidoglio la lupa di Romolo e Remo fu colpita da un fulmine”. Dionigi di Alicarnasso ricorda infine una statua molto antica da lui ammirata nella grotta del Lupercale, ai piedi del Palatino.
    In età medievale, Mastro Gregorio, un erudito inglese vissuto tra XII e XIII secolo, nei Mirabilia Urbis Romae, descrive la statua bronzea in Laterano, collocandola sotto il portico presso l’entrata del palazzo papale: “in porticum etiam ante hiemale palatium domini papae est imago aenea illius lupae, quae dicitur Remum et Romolum aliusse”.

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    Actio Prima,5 - Epistuale - Cicerone, Traduzione delle Versione



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    Titolo della Versione Actio Prima, 5 (Epistuale)
    Autore: Cicerone
    Input: Nulla res per triennium nisi ad nutum istius iudicata est
    Libro: //

    Versione
    Nulla res per triennium nisi ad nutum istius iudicata est: nulla res cuiusquam tam patria atque avita fuit quae non ab eo imperio istius abiudicaretur. Innumerabiles pecuniae ex aratorum bonis novo nefarioque instituto coactae; socii fidelissimi in hostium numero existimati; cives Romani servilem in modum cruciati et necati; homines nocentissimi propter pecunias iudicio liberati; honestissimi atque integerrimi absentes rei facti indicta causa damnati et eiecti; portus munitissimi maximae tutissimaeque urbes piratis praedonibusque patefactae; nautae militesque Siculorum socii nostri atque amici fame necati; classes optimae atque opportunissimae cum magna ignominia populi Romani amissae et perditae. Idem iste praetor monumenta antiquissima partim regum locupletissimorum quae illi ornamento urbibus esse voluerunt partim etiam nostrorum imperatorum quae victores civitatibus Siculis aut dederunt aut reddiderunt spoliavit nudavitque omnia. Neque hoc solum in statuis ornamentisque publicis fecit; sed etiam delubra omnia sanctissimis religionibus consecrata depeculatus est. Deum denique nullum Siculis qui ei paulo magis adfabre atque antiquo artificio factus videretur reliquit. In stupris vero et flagitiis nefarias eius libidines commemorare pudore deterreor; simul illorum calamitatem commemorando augere nolo quibus liberos coniugesque suas integras ab istius petulantia conservare non licitum est.


    Traduzione
    Per tre anni nessuna sentenza fu pronunciata, se non per il cenno di costui: nessuna proprietà fu per alcuno tanto sicura per provenienza paterna o tramandata che non gli fosse tolta per ordine di costui. Ingenti somme di denaro furono estorte dai beni dei coltivatori con innovazioni scellerate del sistema fiscale; alleati fedelissimi furono annoverati tra i nemici, cittadini romani furono torturati e uccisi come schiavi; uomini gravemente colpevoli furono esenti da procedimento giudiziario per il loro denaro, uomini molto rispettati ed integerrimi, messi in stato di accusa in loro assenza, furono condannati e cacciati senza un regolare processo; porti ben fortificati, città molto grandi e sicure furono aperti ai pirati ed ai briganti; marinai e soldati siciliani, nostri alleati e amici, furono lasciati morire di fame; flotte ben preparate e molto utili furono perse e distrutte con grande vergogna del popolo romano. Questo stesso governatore spogliò e depredò tutti gli antichissimi monumenti, in parte di ricchi re, che usarono per abbellire le città, in parte di nostri generali, che li donarono o restituirono alle città siciliane. E fece ciò non solo alle statue e agli ornamenti pubblici, ma depredò anche tutti i santuari consacrati da riti molto pii. Dunque non lasciò ai Siciliani nessuna immagine di divinità che gli sembrasse di qualità un po’ superiore e di lavorazione antica. Provo ritegno a menzionare le sue nefande passioni in stupri e infamie; allo stesso tempo non voglio, ricordandole, aumentare la sventura di coloro ai quali non fu possibile conservare integri i loro figli e le loro mogli dal desiderio sfacciato di costui.
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    Profilo di Timoteo



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    Titolo della Versione Profilo di TImoteo
    Autore: Cornelio Nepote
    Input: Timotheus Cononis filius Atheniensis. Hic a patre acceptam gloriam multis auxit virtutibus. Fuit enim disertus impiger laboriosus rei militaris peritus neque minus civitatis regendae.
    Libro: Versioni Latine per il Trienno - Angelo Diotti; pag. 138 n.3



    Un po' di Storia
    CITAZIONE
    nascita: Atene poco prima del 400 a.C.
    morte: 354 a.C.
    capitoli riservati: 4
    famiglia: figlio di Conone, suocero di Ificrate
    caratteristiche: eloquente, attivo, operoso, esperto di guerra e di politica
    fatti importanti:
    Sottomise Olintiaci e Bizantini
    Prese Samo, Critote, Corcira e Sesto
    Liberò Cizico
    Combatté contro il re Coto
    Portò molti bottini per l’erario
    Stabilì con gli spartani le leggi che diedero ad Atene il primato del potere marittimo
    Fu processato per tradimento e si ritirò in esilio volontario a Calcide

    Timoteo

    Timotheus Cononis filius Atheniensis. Hic a patre acceptam gloriam multis auxit virtutibus. Fuit enim disertus impiger laboriosus rei militaris peritus neque minus civitatis regendae.
    Cum Athenis adulescentulus causam diceret , non solum amici privatique hospites ad eum defendendum convenerunt , sed etiam Iason , Thessalie tyrannus , qui illo tempore fuit omnium potentissimus. Hic , cum in patria sine satellitibus se tutum non arbitraretur , Athenas sine ullo praesidio venit tantique hospitem fecit , ut mallet ipse capitis periculum adire quam Timotheo de fama dimicanti deesse. Hunc adversus tamen Timotheus postea populi iussu bellum gessit , cum patriae sanctoria iura quam hospitii esse duceret.





    Traduzione
    Timoteo, figlio di Conone, Ateniese. La gloria derivante a lui dal padre egli accrebbe con molti meriti propri: eloquente, attivo, infaticabile, esperto nell'arte militare non meno che nella vita politica. Quando da giovane sostenne ad Atene un processo, accorsero a difenderlo non solo gli amici e gli ospiti privati, ma anche Giasone tiranno della Tessaglia, che allora era il più potente di tutti. Egli, che pur in patria non si riteneva sicuro senza guardie del corpo, venne ad Atene senza alcuna scorta ed apprezzò tanto il suo ospite, che preferii affrontare il pericolo di morire piuttosto che venir meno a Timòteo che difendeva il proprio onore. Tuttavia in seguito Timòteo per ordine del popolo gli mosse guerra; ritenne più sacri i diritti della patria che quelli dell'ospitalità.

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    Virtù e Vizi di Alcibiade



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    Titolo della Versione Virtù e Vizi di Alcibiade
    Autore: Cornelio Nepote
    Input: In Alcibiade quid natura efficere possit videtur experta
    Libro: Versioni Latine per il Trienno - Angelo Diotti; pag. 138 n.2

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    Un po' di Storia
    CITAZIONE
    Alcibiade (in greco antico Ἀλκιβιάδης / Alkibìadēs; Atene, 450 a.C. – 404 a.C.) è stato un generale e politico greco antico.
    Uomo dalle mille contraddizioni, Alcibiade è stato uno dei personaggi più controversi dell' intera storia politica ateniese: giudicato intelligente, colto, energico, scaltro e astuto, ma anche individualista e spregiudicato, fu portato a seguire una politica più di potere personale che di interesse comune.

    Virtù e Vizi di Alcibiade

    In Alcibiade natura quid efficere possit videtur experta esse. Constat enim inter omnes, qui de eo mamoriae prodiderunt, nihil illo fuisse excellentius vel in vitiis vel in virtutibus. Natus in amplissima civitate,ad omnes res aptus consiliique plenus (nam imperator fuit summus et mari et terra), disertus, dives, laboriosus, patient, liberalis; idem luxuriosus, dissolutus, libidinosus, intemperans reperiabatur. Educatus est in domo Periclis (privignus enim eius fuisse dicitur), eruditus a Socrate. Bello Peloponnesio huius consilio atque auctoritate Athenienses bellum Syracusanis indixerunt. Ad quod gerendum ipse dux electus est, duo praeterea collegae dati, Nicia et Lamacus. Id cum appareretur, prius quam classis exiret, accidit ut una nocte omnes Hermae,qui in oppido erant Athenis, deicerentur praeter unum, qui ante ianuam erat Andocidis. Itaque ille postea Mercurius Andocidis vocitatus est. Suscipio maxime convenire in (=dovesse cadere su) Alcibiadem videbatur, quod et potentior et maior quam privatus existimabatur neque ei par quisquam in civitate habebatur. Praeterea in domo sua facere mysteria dicebatur, quod nefas erat more Atheniensium, idque non ad religionem, sed ad coniurationem pertinere existimabatur. (Nepos)





    Traduzione
    In Alcibiade sembra che possa essere trovata la natura che lo rende tale. E' noto che tra tutti gli uomini che tramandarono della sua memoria, niente fu più eccellente sia nei vizi che nelle virtù di quello. Nato in una grandissima città, adatto ad ogni cosa e pieno di consiglio (infatti fu un grande imperatore per mare e per terra), eloquente, ricco, laborioso, paziente e liberale, ma allo stesso tempo venne trovato lussurioso, dissoluto, libidinoso e intemperante. Fu educato a casa di Pericle, erudito da Socrate. Nella guerra del Peloponneso con il suo piano e la sua autorità gli Ateniesi indissero guerra ai Siracusani. Per fare questa lui stesso fu scelto come comandante, gli vennero affidati due colleghi, Nicia e Lamaco. Quanto fu pronto per questa, prima di far uscire la flotta, accadde che una notte tutte le Erme, che erano nella città ad Atene, furono distrutte tranne una, che era davanti alla porta di Andocide. E così quello dopo Mercurio fu chiamato Andocide. Dico che sembra specialmente cadere su Alcibiade il fatto che è considerato il più potente e maggiore uomo privato e che a quello non vi erano pari in città. Inoltre a casa sua si diceva che accadevano dei misteri, che era cosa nefanda secondo l'uso degli Ateniesi, ciò non per la religione ma perchè si pensava che riguardasse la congiura.

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    Chiare, Fresche e Dolci Acque: Commento, Analisi, Parafrasi | Petrarca



    Commento su “Chiare, fresche e dolci acque” di Francesco PETRARCA. IL TEMA: Il ricordo di Laura e la sofferenza per l'amore inappagato sono i temi della poesia, e si alternano continuamente tra un tono severo, leggermente velato di malinconia nelle strofe (prima e quarta) dedicate alla donna, e un tono triste e angoscioso in quelle che esprimono lo stato d'animo del poeta. Il testo è costruito sulla rappresentazione di un istante indimenticabile, guardato nella prospettiva del ricordo, che il poeta ha vissuto contemplando la bellezza di Laura illuminare, con la sua presenza, tutta la natura circostante. La natura è descritta solo per esaltare la bellezza della donna; i luoghi non hanno nome né consistenza reale fuori dall'immaginazione del poeta e il passato che riemerge è trasfigurato dal ricordo. LA STRUTTURA: I piani temporali si intrecciano in un perfetto equilibrio. Nelle prime tre stanze i tempi verbali si succedono secondo la linea passato- presente- futuro; nelle due strofe successive, lo schema è invertito e con una scansione molto più ravvicinata: futuro- presente- passato. Questa successione cronologica contribuisce a rendere l'idea di indeterminatezza della scena, collocata in una dimensione extratemporale che ne accentua il fascino. Nella prima stanza, tutti gli elementi invocati delineano il paesaggio che fa da sfondo ai ricordi del poeta, che è stato testimone, un tempo, della presenza della donna amata. Nella seconda stanza, viene sottolineata la trasformazione dell'amore, da passione ed emozione diretta, in amore spirituale, in contemplazione e ammirazione. Nella terza stanza, collocata in una dimensione futura, il poeta immagina che Laura, ritornata in quei luoghi, mossa da pietà ottenga dal cielo il perdono dei peccati commessi da lui. Nella quarta stanza, il poeta ci riconduce al passato, al momento dell'incontro con Laura. La bellezza della donna trasfigura lo sfondo naturale in una visione sublime e celestiale. La quinta stanza è inserita in una dimensione irreale di sogno. Il congedo ci riporta al presente, nella consapevolezza del poeta che i suoi versi non sono all'altezza dell'argomento trattato.




    1- LE FIGURE RETORICHE: l'uso del polisindeto ( per es. al verso 58: " e 'l volto e le parole e 'l dolce riso). crea un dolce equilibrio formale, mentre le coppie di sostantivi e attributi e il ricorso ai parallelismi conferiscono al testo l'uniformità totale tipica del linguaggio petrarchesco, lontano dagli eccessi e dalle dissonanze.
    L'anafora (ove..ove) nella prima stanza costituisce quasi un'indicazione spaziale nel paesaggio calcato dalle orme di Laura; L'ossimoro ( la fera bella et mansueta) esprime il potere di inquietudine passionale che scaturisce dalla quiete piena di grazia della creatura amata. Nell'ambito delle figure di suono, individuiamo le allitterazioni ( volga la vista; faccia forza), l'iperbato (m'aveano, et sì diviso) crea la scissione interiore del poeta.
    Commento
    questa notissima canzone è ambientata nello splendido paesaggio di Valchiusa.
    l'incipit di straordinaria musicalità, scandito dal ritmo di parole esclusivamente bisillabiche e piane, ci presenta la donna amata nell'atto di bagnarsi le membra nelle acque del fiume Sorgue. Tutta la lirica è come attraversata da una sospensione del presente. Le immagini quasi visionarie del futuro, dominate dall'idea della morte e dal pensiero consolatorio delle lacrime dell'amata sparse sulla tomba del poeta, si avvicendano alla rievocazione del passato. I toni chiari del paesaggio ameno di Valchiusa, presenti nella prima stanza, lasciano il posto, nella seconda al pensiero della morte consolato solo dalla pietà dell'amata. Dopo l'andamento quasi spettrale della terza stanza, nella quarta si presenta dinuovo lo scenario di un paesaggio dai tratti idealizzati, quasi dominato da una dea che tutto anima e placa al tempo stesso con la forza della sua bellezza. Nell'ultima stanza infine si fa strada la consapevolezza della contraddizione insanabile: il luogo in cui è apparsa Laura è l'unico in cui il poeta sembra trovare pace, ma si presenta al tempo stesso come la fonte di tutte le lacerazioni.
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    L'oro et le perle e i fior' vermigli e i bianchi | Parafrasi,Analisi,Commento | Petrarca



    VOI CH'ASCOLTATE IN IME SPARSE IL SUONO
    Voi che ascoltate in poesie sparse il suono di quei sospiri dei quali io nutrivo il cuore nel tempo della mia iniziale illusione giovanile,quando ero in parte un uomo diverso da quello che io sono,ovunque vi sia qualcuno che per esperienza cnosca l'amore,spero di trovar pietà,oltre che perdono,del mio stile mutevole in cui io piango e ragiono fra le inutili speranze e l'inutile dolore.
    ma ora vedo bene che x molto tempo fui per tutta la gente motivo di dicerie,per cui spesso mi vergogno di me stesso fra me;e il risultato del mio illudermi è la vergogna,e il pentirsi,e il capire che tutto ciò che piace nel mondo è fuggevole illusione.
    METRICA
    sonetto(2 quartine e 2 terzine di endecasillabi) con schema di rime ABBA,ABBA;CDE,CDE.la prima quartna è segnata dalla iterazione del gruppo /ri/ ("rime,sospiri,nudriva,primo"):la seconda dal gruppo /va/(vario,che rilancia anche ri della quarina precedente,van,prova,trovar).anche le terzine sn dominate dalla figura dell'allitterazione:favola fui,me medesimo meco mi,vaneggiar vergogna,conoscer chiaramente,che quanto.ripetizioni"vane,van(v.6) e "mi vergogno,vergogna"(v.12)chiasmo dei vv.5-6,nei quali a piango corrisponde dolore e a ragiono corr speranze.si noti infine che prolungando ancora le due catene di collegamenti, alla pietà corr la vergogna e al perdono il pentimento.

    L'oro et le perle e i fior' vermigli e i bianchi
    l'oro e le perle e i fiori rossi e bianchi,che l'inverno dovrebbe fare appassiti e secchi,sono per me spine pungenti e velenose che io avverto nel petto e nei fianchi.
    perciò i miei giorni saranno dolorosi e scarsi,poichè accade poche volte che un gran dolore invecchi:ma di ciò incolpo più gli specchi assassini,che avete stancati nel contemplare voi stessa.
    questi fecero tacere il mio Signore,che vi pregava per mio conto per cui egli tacque,vedendo il nostro desidrioe saurirsi in voi;questi furono fabbricati presso l'acqua dell'abisso,e intinti nella dimenticanza eterna,da cui si originò l'inizio della mia morte.
    Metrica
    Il sonetto(2 quartine e 2 terzine di endecasillabi rime ABBA,ABBA;CDC,DCD)è diviso in 2 parti.le quartine sn caratterizzate da uno stile concentrato, aspro, caratterizzato da rime difficili e dal suono duro.il orocompito è descrittivo e narrativo.le terzine scandite dall'anafora (questi poser...questi fuor fabbricati) hanno un andamento meno teso e un compito riflessivo.

    Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
    (quando vidi per la prima volta laura) i suoi capelli color oro erano sparsi all'aria,che li intrecciava in mille dolci nodi,e la attraente luminosità di quei begli occhi,che ora ne sn così privi,ardeva in modo eccezionale;e il viso mi pareva assumere i segni della pietà,nn so se veramente o falsamente:quale meraviglia se io che avevo al petto l predisposizione ad amare bruciai immediatamente d'amore?
    Il suo modo di camminare nn era evento umano,ma di anima angelica;e le sue parole avevano suono diverso da una semplice voce umana.
    uno spirito dal cielo,un sole risplendente fu quello che io vidi:e se ora non fosse più così,la ferita non guarisce perchè si allenta l'arco che l'ha causata.
    Metrica
    Sonetto,2 quartine e 2 terzine di endecasillabi.rime ABBA,ABBA;CDE,DCE.c'è un riferimeto alle armi tradizionali di Amore e cioè arco e frecce,benchè nel concreto sistema metaforico,all'arco corrisponda laura;alla ferita,l'amore del poeta,alla freccia l'evento dell'innamoramento qui rievocato...
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    voi ch'ascoltate in rime sparse il suono: Parafrasi,Analisi del Testo,Figure Retoriche,Commento



    Il sonetto ci offre un consuntivo dell'intera esperienza amorosa del poeta , presentata come un folle vaneggiare da cui è stato necessario liberarsi per divenire un uomo nuovo , libero dall'errore. Petrarca ammette che l'amore per Laura era una forma di allontanamento dalla retta via dell'amore divino e che , di conseguenza , era indispensabile cambiare completamente la propria prospettiva interiore, non lasciandosi invischiare nell'idolatria delle cose terrene e riconoscendo appieno la grandezza di Dio per poi annullarsi in essa .In altre parole Petrarca , fin dall'esordio, mostra di voler intrecciare il messaggio morale e filosofico di impronta agostiniana con un orientamento poetico legato ai modelli stilnovistici.
    PARAFRASI

    Voi che ascoltate in versi di varia natura l'eco di quei sospiri di cui io nutrivo il mio animo al tempo del mio primo errore giovanile quando ero in parte diverso dall'uomo che oggi sono

    spero di trovar comprensione e perdono - presso chi, per diretta esperienza, conosce cosa sia amore - per il vario stile in cui piango e rifletto ( sulla mia condizione) tra inutili speranze e vano dolore.

    Ma mi accorgo ormai come per tutti gli altri sia stato oggetto di derisione per lungo tempo, per cui spesso di me stesso mi vergogno;

    vergogna è il frutto del mio inutile vaneggiare il pentimento e l'accorgermi chiaramente che, quanto piace all'uomo, non è altro che un breve sogno.

    FIGURE RETORICHE

    La struttura delle quartine si distende " a chiasmo": nella prima quartina si incontrano in ordine l'invocazione ( voi) con verbo portante(ascoltare) + catene di subordinate ; nella seconda il sistema viene rovesciato : catena di subordinate + invocazione (chi per prova) + verbo portante (spero) .
    Nelle terzine c'è una ripetizione insistita di allitterazioni "favola fui " , "di me medesimo meco mi vergogno" e " vaneggiar vergogna".
    Presenti alcune anastrofe nelle terzine " di me medesimo mi vergogno" e " del mio vaneggiar vergogna è il frutto".
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    Frasi sul Congiuntivo Ottativo



    Il Congiuntivo ottativo o desiderativo viene usato per esprimere il desiderio per qualcosa che si spera di realizzare o il rammarico per qualcosa che si ritiene irrealizzabile. Se il desiderio è considerato realizzabile, se si spera che il desiderio possa realizzarsi nel presente o nel futuro perfetto (raro), se ci si augura che il desiderio possa essersi realizzato nel passato si traduce con il presente

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    se il desiderio è considerato irrealizzabile:
    si traduce con l'imperfetto, se si ritiene che il desiderio non possa realizzarsi nel presente o nel futuro
    con il piuccheperfetto, se si constata che il desiderio non si realizzò nel passato


    Frasi:
    1.utinam vobiscum essemus!
    2.utinam nobiscum sis!
    3.utinam res publica salva diu servetur!
    4.vixissent diu parentes nostri!
    5.utinam ne falsum esset!
    6. velim in urbem venias.
    7.utinam tibi istam mentem di inmortales dent!
    8. atque utinam imitarentur nec ossa solum, sed etiam sanguinem!

    Se vi serve la traduzione mandatemi un messaggio privato
190 replies since 30/4/2008
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