Posts written by Shining Star

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    Infanzia di Ciro



    Post multos reges, regnum Medorum ad Astyagem descendit.




    La Storia
    CITAZIONE
    Sovrano della dinastia persiana degli Achemenidi. Regnò tra il 558 e il 528 aC. Figlio di Cambise I, vassallo dei Medi, poco dopo esser salito al trono di Ansan, Ciro si ribellò (553) contro Astiage, lo sconfisse e conquistò Ecbatana (550) che divenne residenza regale.

    Nel 549 ca. soggiogò il cugino Arsame, annettendosi il regno di Parsua, quindi, attaccato il re Creso di Lidia nel 547, ne sconfisse l'esercito a Pteria e lo inseguì attraverso l'Asia Minore fino a Sardi. La caduta della capitale lida e la conseguente conquista persiana di buona parte dell'Asia Minore (tranne le colonie ioniche sulla costa) segnarono l'inizio di un nuovo periodo di contatti fra Greci e Persiani.

    Fra il 545 e il 539, dirigendo la sua azione contro le popolazioni dell'Iran orientale, conquistò la Drangiana, l'Aracosia, la Sogdiana, la Corasmia, la Battriana ed estese le frontiere orientali sino all'Oxus e allo Iaxarte.

    Riprese poi le operazioni a occidente; nel 539 attaccò Nabonedo e conquistò Babilonia. Uno dei primi atti del suo regno fu l'editto che autorizzava gli Ebrei in esilio a ritornare in Palestina. Morì durante una nuova spedizione alle frontiere orientali.

    Leggende sull'infanzia di Ciro

    Presto si formò intorno alla figura di Ciro una serie di leggende, secondo le quali egli, abbandonato per ordine del nonno Astiage, sarebbe stato allevato da un pastore. Il nome della moglie del pastore, Spako, che secondo Erodoto significa in medo “cane”, richiama il mito di Romolo e Remo allevati dalla lupa.

    Fondatore dell'Impero persiano, Ciro pose le basi del suo sviluppo politico e culturale. A lui si deve la costruzione di Pasargade, scelta come nuova capitale del regno ed edificata secondo moduli architettonici ispirati a una fastosa monumentalità e divenuti poi tradizionali dell'arte persiana. Un rilievo frammentario su un pilastro della porta della città, raffigurante un genio alato e recante l'iscrizione «Io, Ciro, il Re, l'Achemenide (ho fatto questo)», è tutto quello che rimane della produzione scultorea dell'epoca del regno di Ciro.

    La Versione (Optime pag. 206 n. 2 )

    Infanzia di Ciro - Versione di Latino
    Post multos reges, regnum Medorum ad Astyagem descendit. Qui, hariolarum responso exterritus, suum nepotem recens natum occidere statuit. Is cui rex infantis necem imperavit, Harpagus nomine, regis amicus, pastori regii pecoris puerum tradidit, quem il in media silva exponere debebat. Forte eo tempore etiam pastori filius natus erat. Cuius uxor, que regium infantem videre cupiebat, crebris precibus maritum oravit; ideo pastor, precibus fatigatus, in silvam revertit ibique iuxta puerum canem invenit, qui parvolum afferis alitibusque defendebat. Tum is, misericordia motus, eos secum duxit puerumque uxori commisit; que statim puerum accepit, cuius in ore dulcis risus apparuit. Tum pastor mulieri dixit:"Eum alere cum filio meo cupio". Itaque puer inter pastores educatus est et Cyrus appellatus est.


    Traduzione della Versione in Italiano
    Dopo molti re, salì al regno dei Medi Astiage. Questo, spaventato dal responso dei (hariolarum), decise di uccidere suo nipote nato di recente. Quello a cui il re decise la morte del neonato (quello che doveva uccidere il nipote), di nome Arpago, amico del re, consegnò ad un pastore di pecore il fanciullo, che doveva esporlo nel bosco. Per caso in quel tempo anche al pastore era nato un figlio. La moglie del quale, che desiderava vedere il regio neonato, pregò il marito con forti preghiere; così il pastore, stanco dalle preghiere, ritornò nel bosco e lì trovò un cane vicino al fanciullo, che difendeva dalle feroci bestie il piccolo. Allora quello, mosso a misericordia, li condusse con sè e affidò il fanciullo alla moglie: " desidero crescerlo con mio figlio". E così il fanciullo fu educato tra i pastori e fu chiamato Ciro.
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    Morte di Annibale



    Patres conscripti legatos in Bithyniam miserunt




    La Storia
    CITAZIONE
    Annibale Barca (Cartagine, 247 a.C. – Gebze, 182 a.C.) è stato un condottiero e politico cartaginese, famoso per le sue vittorie durante la Seconda guerra punica.
    La Sua Morte
    Secondo Nepote un legato Bitinico informò per errore Flaminio della presenza di Annibale in Bitinia (Nep.,Hannibal,XII). I Romani, determinati nella caccia ad Annibale e inviarono Flaminio per chiedere la sua consegna. Prusia accettò di darlo loro ma Annibale scelse di non cadere vivo nelle mani del nemico. A Libyssa sulle spiagge orientali del Mar di Marmara prese quel veleno che, come diceva, aveva a lungo conservato in un anello. Curioso (ma non si sa quanto veritiero) a questo punto l'oracolo che in giovane età lo aveva sempre convinto che sarebbe morto in Libia, a Cartagine e che citava testualmente: "Una zolla libyssa (libica) ricoprirà le tue ossa". Immaginiamo quale fosse il suo stupore quando apprese il nome di quella lontana località in cui si era rifugiato. Le sue ultime parole si dice fossero: "Poiché i Romani non hanno tempo di aspettare la morte di un vecchio, vediamo di fare loro questo favore".

    La Versione (Optime pag. 205 n. 3 )

    - Versione di Latino
    Patres conscripti legatos in Bithyniam miserunt, qui a rege Prusia impetrare debebant Hannibalis proditionem; nam Carthaginiensium dux Prusiae hospeas erat. Ad eos Prusia respondit: “ Quod Romani postulant negare non audeo; sed non faciam quod ad versus ius hospitii est: vos Hannibalem comprehendite: locum ubi est facile invenietis”. Hannibal enim uno loco latebat, in castello quodei a rege datum erat muneri. Legati Romanorum castellum circumdederunt. Illi puero qui, ad ianua prospiciens, multos armatos vidit et periculum nuntiavit, Hannibal imperavit: “Ad omnes forse aedificii curre: quos occupator vides mihi renuntia”. At puer: “ Omnes fugae viae occupantur ab eis qui te necare volunt, magne imperator”. Hannibal, id animadvertens vitam alieni arbitrio non dimisit et venenum quod semper secum habebat sumpsit.


    Traduzione della Versione in Italiano
    I senatori inviarono in Bitinia ambasciatori, i quali dovevano ottenere dal re Prusia il tradimento di Annibale; infatti il re dei Cartaginesi era ospite di Prusia. A loro Prusia risponde:< non oso negare ciò che i Romani chiedono; ma io non farò ciò che è contrario alla legge dell'ospitalità: catturate voi Annibale: lo troverete facilmente in un luogo della città>. Annibale infatti stava nascosto in un luogo, in un castello che gli era stato dato in dono dal re. Gli ambasciatori dei Romani circondarono il castello. A quello schiavo che, stando di guardia dalla porta, vide molti soldati e riferì il pericolo, Annibale ordinò:< affrettati a tutte le porte dell'edificio: riferiscimi quali vedi occupate. Ma lo schiavo:< Tutte le vie di fuga sono occupate da quelli che ti vogliono uccidere, grande generale>. Annibale, comprendendo ciò, non abbandonò la vita all'arbitrio altrui e prese il veleno che aveva sempre con sè.

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    Rapido Elenco delle dodici fatiche di Ercole



    Is leonem Nemeaeum, quem Luna nutrivit in antro atrotum




    La Storia
    CITAZIONE
    Le Dodici Fatiche (in Greco dodekathlos) di Eracle sono una serie di episodi della mitologia antica, riuniti a posteriori in un unico racconto, che riguardano le imprese compiute dall’eroe Eracle per espiare il fatto di essersi reso colpevole della morte della sua famiglia. Si ritiene che il ciclo delle dodici fatiche sia stato per la prima volta fissato in un poema andato perduto, l’Eracleia, scritto attorno al 600 a.C. da Pisandro di Rodi. Attualmente le Fatiche di Ercole non sono presenti tutte insieme in un singolo testo, ma si deve raccoglierle da fonti diverse.

    Nelle metope del Tempio di Zeus ad Olimpia, che risalgono al 450 a.C. circa, si trova una famosa rappresentazione scultorea delle Fatiche: potrebbe essere stato proprio il numero di queste metope, 12 appunto, ad aver fin dai tempi antichi indotto a fissare a questa cifra il tradizionale numero delle imprese.

    La Versione (Optime pag. 202 n. 5)

    Rapido Elenco delle dodici fatiche di Ercole - Versione di Latino
    Is leonem nemeaeum, quem luna nutrivit in antro atrotum, necavit, cuius pellem pro tegumento habuit. Hydram Lernaeam Typhonis filiam cum capitibus novem ad fontem Lernaeum interfecit et mortale fel ademit, quo sagittas suas tinxit. Aprum Erymantheum occidit. Cervum ferocem in Arcadia cum cornibus aureis vivum ad Eurysteum regem adduxit. Aves Stymphalides in insula Martis, quae pennas suas ut tela emittebant, sagittis interfecit. In Augeae regis stabulis stercus purgavit, quod flumine abluit. Taurum quocum Pasiphae concubuit ex Creta insula vivum adduxit. Diomedem Thraciae regem et equos, qui carnem humanam edebant, interfecit.Hippolyten reginam Amazonum petivit, Martis filiam, cui balteum detraxit. Geryonem trimembrem uno telo interfecit. Draconem immanem, qui mala aurea Hesperidum servabat, ad montem Atlantem interfecit, et Eurysteo regi mala aurea portavit. Canem Cerberum ab Inferis ad regem adduxit


    Traduzione della Versione in Italiano

    Egli uccise l' invulnerabile leone Nemeo, che la Luna aveva nutrito, e del quale usò la pelle come mantello. Uccise presso la sorgente Lernea l' Idra di Lerna, figlia di Tifone dotata di 9 teste e ne prese il fiele mortale, nel quale intinse le sue frecce. Uccise il cinghiale di Erimanto. Portò vivo al re Euristeo in Arcadia un cervo feroce che aveva corna d' oro. Uccise a frecciate gli uccelli [della palude] di Stinfalo, sull' isola di Marte, che scagliavano le loro penne come frecce. Ripulì le stalle di Augia dal letame, che lavò via con un fiume. Portò via, vivo, da Creta il toro con il quale aveva giaciuto Pasife (generando il Minotauro). Uccise Diomede re della Tracia e i [suoi] cavalli che mangiavano carne umana. Raggiunse Ippolita, regina delle Amazzoni e figlia di Marte, alla quale sottrasse la cintura. Uccise con una sola freccia Gerione, che aveva tre corpi. Uccise un enorme drago che sorvegliata le mele d' oro delle Esperidi sul monte Atlante, e portò le mele d' oro al re Euristeo. Portò davanti al re il cane Cerbero dagli inferi.



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    Te l'ho inviata tradotta tramite messaggio privato^^ il 5 agosto
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    Benvenuto
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    Caesar ad portum Itium cum legionibus pervenit. Ibi naves paratas ad navigationem atque omnibus rebus instructas invenit. Eo equitatus totius Galliae convenit principesque ex omnibus civitatibus;ex quibus perpaucos,quorum in se fidem perpexerat,relinquere in Gallia, reliquos obsidum loco secum ducere decreverat, quod motum Galliae timebat.
    Erat una cum ceteris umnorix Haeduus. Hunc secum habere in primis constituerat,quod eum cupidum rerum novarum,cupidum imperii,magni animi,magnae inter Gallos auctoritatis cognoverat.

    Cesare arrivò al porto di Izio con le legioni. Lì trovò le navi pronte alla navigazione e preparate con tutte le cose. Radunò per lui cavalieri di tutta la Gallia e principi da tutte le tribù; tra i quali pochissimi, dei quali aveva riconosciuto la fiducia in lui, aveva deciso di lasciare in Gallia, i rimanenti (aveva deciso) di condurre con lui come ostaggi (a luogo di ostaggi), perchè temeva una ribellione della Gallia.
    Insieme agli altri c'era Dummorga Eudeo. Aveva deciso di averlo con sè tra i primi perchè lo aveva riconosciuto come rivoluzionario, desideroso di potere, dal grande coraggio, di grande prestigio tra i Galli
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    Riassunto Il Fu Mattia Pascal





    IL FU MATTIA PASCAL




    Riassunto

    da Wikipedia

    Trama

    Il Signor Pascal era un uomo che viaggiava e seppe arricchirsi giocando a carte con un capitano di Liverpool. Con quanto accumulato egli riuscì ad acquistare campi, case, e vigne a Miragno, paesino Ligure in cui lui viveva. Morì durante un viaggio lasciando tutto alla moglie e ai due figli. La madre, che era inetta alle amministrazione di di un tale capitale, decise di affidare l’ incarico a Batta Malagna, amico del defunto marito. Egli però ne approfittò in ogni modo impoverendo la famiglia a suo vantaggio. Mattia e Roberto però crescono comunque serenamente e liberi da ogni pensiero morale, religioso ed anche scolastico. E’ infatti Pinzone il loro “insegnante”, egli infatti e divertirsi con i due ragazzi piuttosto che insegnargli qualcosa. Mattia cresce sviluppando un carattere impulsivo, allegro, ma soprattutto spensierato. Malagna non riesce ad avere figli dalla prima moglie malata e per questo (quasi a castigarlo per quanto a rubato) soffre moltissimo. Dopo la morte della sua “dolce metà” decide di sposare Oliva, rovinando così l’ amore fra lei e Mattia, che l’ aveva messa incinta. Così il Malagna, accettandolo come suo, riesce ad avere un nuovo erede. Da Batta intanto si trasferiscono la vedova Pescatore (sua parente) e l’ affascinante figlia Romilda. Pomino, amico di Mattia, se ne innamora e chiede allo stesso di avvicinarla a lui. Fra Mattia e Romilda, però, nasce involontariamente un forte amore e si sposano, nonostante il parere contrario della vedova. La vita del giovane Pascal da quel momento diventa un’ inferno, egli perde infatti ogni sua ricchezza residua e sua moglie comincia a non amarlo più, lasciandosi andare e diventando sempre più brutta. Egli è anche investito da una serie di devastanti disgrazie: i due figli messi al mondo muoiono uno dopo l’ altro e la madre, che è stata portatavia da zia Scolastica (sorella del padre di Mattia) dalle grinfie della perfida seninatrice di zizania quale era la vedova Pescatore, non riesce a resistere e muore di li a poco, lasciando devastato il povero Mattia. Il piccolo Pascal decide di cercar lavoro e diventa bibliotecario dell’ abbandonata biblioteca di Miragno. Il lavoro però consiste solo nel cacciare topi, ed è quindi troppo noioso, tanto da spingerlo a partire all’ insaputa di tutti per Montecarlo. Lì in una decina di giorni riesce a far fortuna vincendo 82.000 lire, una vera fortuna per quei tempi e che gli avrebbe permesso di risanare ogni debito. Il caso però vuole che gli si presenti una occasione all’ apparenza irripetibile e alcuanto ghiota: un modo sicuro di cambiare vita lasciandosi tutto alle spalle: su un giornale figurava infatti la notizia della sua morte, o meglio, la moglie e la suocera avevano identificato il cadevere di un povero ragazzo annegatosi vicino al molino alla Stia (vecchia proprietà dei Pascal e luogo del suicidio) come quello di Mattia. Egli allora, dopo aver letto la notizia, vede aprirsi davanti a se una nuova vita fatta di sola libertà ed una rottura col passato. Decide allora di non commettere più gli errori della vita precedente e quindi niente più legami con nessuno. Cambia allora aspetto: via la fede, eliminata la barba, si fa crescere i capelli e opta per un paio di occhiali colorati con lo scopo di nascondere l’ occhio storto. Era però necessario anche cambiare nome, e l’ occasione gli si presentò su un piatto d’ argento: in un dialogo tra alcuni signori non molto distanti da lui l’ unione di un nome di una persona ed il cognome di un’ altra gli fornisce l’ identità perfetta: Adriano Meis. Si inventa poi di essere emigrato che era ancora infante con il suo nonno (con cui è rimasto fino alla sua morte: cioè fin verso i dodici anni) dall’ America. Ora Mattia era morto e lui aveva cominciato la sua seconda vita. I suoi viaggi si alternavano da visite a città italiane a visite a città tedesche. Presto però si accorge che la sua libertà non era che frutto di un errore, quindi errata, che lo ha reso un uomo sconosciuto tanto alla legge quanto alle altre persone.

    <h1>Analisi del Testo - Il Protagonista - Il Fu Mattia Pascal - Pirandello


    Protagonista


    Mattia Pascal – Adriano Meis: protagonista della storia che racconta sollecitato dal suo amico prete in un libro. Mattia è un ragazzo dal viso placido, ha un occhio “ballerino”, è minuto e non ha particolari talenti, scoppia pèrò di salute e questo “apparentemente” gli basta (cambierà poco alla volta idea e la muterà più volte). Egli ha avuto un’ infanzia felice e agiata, ma dopo la morte del padre l’ amministrazione del patrimonio a Batta Malagna dalla madre, che era inetta a questo genere di cose. Malagna però non fa che approfittare di questa situazione volgendo ogni cosa a suo favore. Dopo essersi sposato sulla sua vita si abbatteranno un’ ondate di fatti abbastanza nefasti, tanto che deciderà di scappare a Montecarlo e iniziare una nuova vita, ma......

    Questo personaggio rappresenta un po' tutti noi e compie un percorso, un’ avventura che lo cambierà radicalmente. Questo accade anche a noi, non analogamente, infatti ogni esperienza che viviamo ci insegna qualcosa, ma soprattuto l’ esperienza, intesa come avventura vissuta in prima persona, ci ricorda che abbiamo sempre da imparare.
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    Riassunto Rosso Malpelo



    Riassunto e Analisi del Testo e Sintesi breve - Rosso Malpelo - Verga

    La novella racconta la vita di un ragazzo che lavora a una cava di arena , conosciuto da tutti con il soprannome di Rosso Malpelo, dato il colore rosso dei capelli e appunto per questo particolare viene giudicato da tutti un giovane cattivo e ribelle , al contrario è lui ad essere maltrattato .Non si ribella mai ,anzi accetta di essere punito anche se innocente. Egli lavora presso una cava , dove precedentemente lavorava il padre prima di morire travolto da della terra durante un lavoro notturno. Il figlio era presente a questa sventura, e cercò di aiutare il padre grattando la terra a mani nude , ma non ricevette alcun sostegno da parte degli altri minatori. Fu proprio la perdita del padre , mastro Misciu Bestia , a spronare il ragazzo e a farlo lavorare sempre più intensamente nella cava. In seguito conobbe un ragazzo , detto Ranocchio a causa del suo modo di camminare, che tenne sotto la sua protezione e che cercò di aiutare nel solo modo che conosceva : cioè picchiandolo e bastonandolo come con un asino. Ranocchio era l’unica persona che contasse nella vita del giovane , dopo il padre che purtroppo era morto ; infatti la madre non lo considerava nemmeno e la sorella lo picchiava , credendo che si trattenesse parte della paga ricevuta alla cava.
    Un giorno mentre scavava Rosso trovò le scarpe del padre ma il corpo fu trovato in seguito.Del padre furono ritrovati anche i calzoni , il piccone e la zappa , e furono restituiti a Rosso. Un altro evento che viene narrato riguarda il vecchio asino grigio, sempre bastonato dal ragazzo per fargli smettere di soffrire , il quale dopo essere morto fu portato lontano dalla cava e abbandonato come cibo per cani. Anche Ranocchio si ammalò ma continuò a lavorare finché , un giorno Rosso non lo vide più venire alla cava e sentì raccontare dagli altri minatori che era morto. Dopo la morte di Ranocchio , rosso ha perso l’unica speranza di vita che aveva e affronta senza timore tutti gli incarichi affidatogli, tra cui il verificare una nuova via sotterranea che lo porterà a smarrirsi per sempre nel sottosuolo della cava e morire come il padre .
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    Ulisse e Palamede Versione



    Testo Versione Latino Ulisse e Palamede Optime pag.215 n.4



    Frase iniziale: agamemnon et menelaus, Atrei filii, qui ad Troiae oppugnationem coniuratos duces ducebant



    agamemnon et menelaus, Atrei filii, qui ad Troiae oppugnationem coniuratos duces ducebant, in insulam Ithacam ad Ulixem, Laertis filium, venerunt, cui oraculum praedixerat:<<si Troiam attigeris, post vicesimum annum, solus, sine sociis, patriam revises>>. tum Ulixes, quod de oppugnatione desistere statuerat, ducum legationem timebat, qui em ad bellum ducere cupiebant. Itaque , insaniam simulans, pileum sumpsit et equum cum bove iunxit aratro. sed palamedes simulationem animadvertens Telemachum, Ulixis filium, aratro anteposuit. Statim Ulixes aratrum avertit; cui Palamedes dixit: <<simulationem depone et inter coniuratos veni>>. Tunc Ulixes discedere coactus est, sed semper postea Palamedi infestus fuit.

    Traduzione



    Agamennone e Menelao, figli i Atreo i quali conducevano all'assedio di Troia i comandanti alleati, vennero, vennero nell'isola di Itaca da Ulisse, figlio di Laerte, al quale l'oracolo predisse: <<se tottcherai Troia, rivedrai la tua partria solo dopo 20 anni, senza amici>> Allora Ulisse, poichè decise di rinunciare all'assedio, temeva la legazione dei comandanti, i quali volevano portarlo in guerra. Così, simulando la pazzia, afferrò un pileo e unì il cavallo all'aratro con un bue. Ma Palamede accorgendosi della falsa di Ulisse, pose Telemaco, figlio di Ulisse, davanti all'aratro. Subito Ulisse deviò l'aratro; e gli disse: <<smetti di fingere e vieni tra gli alleati>>. Allora Ulisse fu cotretto ad andarsene, ma in seguito fu sempre ostile a Palamede
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    aggiunta quasi tutta qui
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    Milziade
    in miltiade fuerunt summa humanitas, magna auctoritas apud omnes civitates, nobilissum nomen, laus rei militates maxima, E o( in quel) tempore Darius, rex Persarum ex asia in europam transgressus est (passò) ut (affinchè) primum urbem athenas posteaque totam graeciam occuparet (occupasse). nulla civitas atheniesibus auxilio (di aiuto) fuit praeter plataenses ;sed athenieses, feti miltiades auctoritate militarique re, apud marathona sub montis radicibus cum persis proelium


    Traduzione
    In Milziade vi furono somma umanità, una grande autorevolezza presso tutte le popolazioni, una nobile fama, e una grandissima gloria dell'arte militare. In quel tempo Dario, re dei Persiano passò dall'Asia in Europa affinchè occupasse prima la città di Atene e poi tutta la Grecia. Nessuna città fu di aiuto agli Ateniesi tranne Platea; ma gli Ateniesi, [...]
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    Versione di Greco La scimmia e i pescatori pag. 135 n.124



    Chi tenta di svolgere delle attività senza avere un'adeguata preparazione può incorrere in gravi pericoli

    Traduzione

    Da un alto degli uomini gettavano la rete da pesca nel centro del fiume per pescare pesce e venderlo nella piazza; dall'altro una scimmia guardava il fatto su un albero. A mezzogiorno gli uomini lasciarono la rete sulla costa e si allontanarono per un po' per pranzare: ma intanto la scimmia scende dall'albero e prova a d imitare gli uomini (infatti dicono che la scimmia sia un animale imitativo). Ma quando tocca la rete la scimmia si impiglia e corre il pericolo di soffocare. Così allora dice: <<ben mi sta, infatti pur senza esperienza del mestiere del pescatore, ho provato irragionevolmente ad imitare i pescatori>>
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    La Divina Provvidenza nei Promessi Sposi

    La Divina Provvidenza è, senza dubbio, trai maggiori protagonisti del romanzo "I Promessi Sposi". Vari sono gli avvenimenti che la rendono presente, eccone alcuni più importanti: Lucia nella mente di Renzo e Don Rodrigo, Ludovico e la folla, la notte dei balletti e il tentativo di rapimento, Renzo a Milano, Renzo e Lucia sfuggono alla peste. A mio parere, la Divina Provvidenza è un metodo utilizzato dal Manzoni per appagare "l'intensa fede " dei protagonisti, in particolare Lucia. Con ciò si vuol far notare che la "religione" (quella non corrotta) è l'unica via di salvezza del '600, poiché è universale. L'esaltazione dei temi religiosi ha il suo apice in Lucia che, talvolta, costituisce l'elemento provvidenziale nei pensieri altrui. Renzo trova in lei l'equilibrio morale, l'Innominato e Don Rodrigo sono attratti da ciò che non riescono ad essere, ed "invidiosi" di tanta innocenza. Ad esempio. Nella parte iniziale del romanzo, Renzo, ancora adirato per "l'incontro - scontro" con Don Abbondio, sta ponderando vendetta contro Don Rodrigo, quando gli appare Lucia: "…E Lucia? - Appena questa parola si fu gettata a traverso di quelle bieche fantasie, i migliori pensieri a cui era avvezza la mente di Renzo, v'entrarono in folla." Per quanto riguarda, invece, Lucia e l'Innominato, ha, addirittura, una totale conversione: ben interpretata dal Manzoni, ha un ruolo fondamentale per il proseguimento del romanzo. L'autore, infatti, analizza, tutti i vari passaggi psicologici del personaggio: il contrasto interiore, l'incontro con la fede (Lucia), la decisione della conversione. Le preghiere di Lucia appaiono come l'elemento di maggior rilievo per la scelta trai due animi divergenti. "Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia", è la frase che sconvolge l'Innominato: " S'alzo in furia a sedere, gettò in furia le mani alla parete accanto al letto, afferrò una pistola, la staccò e…al momento di finire una vita divenuta insopportabile, il suo pensiero sorpreso da un terrore, da un'inquietudine, per così dire superstite, si slanciò nel tempo che pure continuerebbe a scorrere dopo la sua fine…". Altro episodio in cui si rilevi la presenza di tale fenomeno è l'aiuto della folla per Ludovico: egli, infatti, vendicatosi del fedele amico ( Cristoforo, da cui prenderà il nome ), riesce a sfuggire alla giustizia dileguandosi tra la moltitudine di persone accorse. Il rimorso di coscienza per "quell'azione" diviene il tormento di tutta la propria vita. Tuttavia, la fede religiosa ha la meglio e la sua scelta di farsi frate si rivela un successo. "La notte dei balletti" è un esempio di vera e propria Divina Provvidenza: infatti, coincidono la data e l'ora del rapimento di Lucia e del matrimonio a sorpresa. Entrambe le azioni falliscono: ambedue risultano molto concitate e confuse, poiché scandalose e anomale in un piccolo paesello come Pescarenico. Come Lucia, anche Renzo è protetto dalla Divina...
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    pompeius cum magnis copiis in castra perveniebat

    Pompeio con molte truppe arrivava nell'accampamento

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    magna cum patientia tua aspera verba audiebam

    Ascoltavo le tue aspre parole con grande pazienza

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    cum avunculo tuo ambulabam et iucunda eius verba audiebam

    passeggiavo con tuo zio e ascoltavo le sue parole gioconde

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    nautae piratarum insidias prudentia vitant

    I marinai evitano le insidie dei pirati con saggezza

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    poeni cum sociis proelium acerrium sustinebant

    I Cartaginesi con gli alleati sostenevano un'acerrima battaglia

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    cum filiis et generis dominus latos agros peragrabat et laeta praba spectabat

    La padrona con i figli e la famiglia la padrona attraversava gli ampi campi e guardava lieta (praba)
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    Magazzini Locali e Servizio - Versione Latino



    Da: Varrone - Il Lavoro nei Campi

    Provide plaustris ac instrumento omni satis tecta, si (se) caelum pluvium inimicum erit: in consaepto sub divo, furem modo non metuunt, sed adversus tempestatem non resistunt. Cohortes in fundo magno duae sunt: una intestina conpluvium habet lacum, ubi (dove) aqua salit et intra stylobatas est semipiscina. Boves enim ex arvo aestate reducti (di ritorno) hic (qui) bibunt, hic perfunduntur, et cum (quando) reveniunt e pabulo anseres, sues, porci. In cohorte exteriore (esterna) lacum necessarium est ubi (dove) macerantur lupina et alia quae (che) demissa (da demitto) in aquam ad usum apta sunt. Operi, villice, crebro cohortem exteriorem stramentis ac palea pedibus pecudum utilibus. Necessaria est denique area ubi (dove) teretur frumentum.


    Traduzionedella Versione

    Previdentemente coi carri e l'arredamento tutto sarà abbastanza coperto se il cielo piovoso sarà nemico: al chiuso sotto il cielo non temono la furia allo stesso modo ma non resistono contro la tempesta...
190 replies since 30/4/2008
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